Cronache di un gatto perfezionista

Cronache di un gatto perfezionista

copertina
anno
2006
Collana
Categoria
pagine
76
isbn
88-8176-882-8
9,50 €
Titolo
Cronache di un gatto perfezionista
Prezzo
10,00 €
ISBN
88-8176-882-8
nota
Postfazione di Lidia Campagnano
Ciao Nicola, dice a un certo punto il gatto Ughino alla nostra scrittrice. Ed è insieme uno shock e un evento normalissimo…
Ammettiamolo: il gatto è una figura cruciale della cultura umana…
Inoltre è ancora viva e vegeta la simbologia che accosta e identifica ogni femme fatale a una gatta…
Ughino è un maschio, sterilizzato. E per giunta si iconizza in maniere tutt’altro che eroiche o erotiche…
Qui abbiamo un gatto complesso…
Per dirla tutta, non l’umanità e la gattità stanno sulla stessa barca, ma umani e gatti sì…
                                            Lidia Campagnano
 
 
 
Nicoletta Nuzzo è nata nel 1955 a Galatina di Lecce.
Dopo gli studi letterari all’Università di Bologna si è interessata di orientamento professionale, di formazione nelle piccole e medie imprese, di imprenditoria femminile. Ha progettato e ha pubblicato materiale didattico sul marketing di base e avanzato. Attualmente vive in provincia di Perugia. Da alcuni anni è in affido volontario ad un gatto di nome Ugo, di grande libertà mentale.

Incipit

 

Ugo ed io
 
   Se c’è un animale a cui mi sento psicologicamente vicina, questo è Ugo, detto affettuosamente Ughino, il gatto single di mia nipote Giulia.
Lo ha trovato d’estate al mare, a Specchiulla vicino ad Otranto. Era piccolo e magrissimo, rannicchiato sul tubo di scappamento di un’automobile, e da allora vive con lei.
Ricordo Ughino al mare, nei pochi momenti di abbandono che un’infanzia, se pur difficile, gli ha concesso: disteso dopo pranzo, sulla sdraio a strisce bianche e blu, nel patio. Era prevalentemente grigio scuro con la pancia striata grigio chiaro e soprattutto lungo e stretto.
Giulia ha avuto fin da piccola una passione per i gatti, al punto che una volta aveva conservato, a mo’ di reliquia, i peli di un gatto dentro una scatolina.
Poi finalmente Ughino.
Crescendo Ughino ha manifestato i segni delle sue fobie, della paura per gli altri, della sensazione di imminente pericolo nei suoi comportamenti.
La sua posizione classica, ci sono varie foto che lo ritraggono così, è quella di esporsi metà sì e metà no, da dietro qualsiasi sporgenza o porta, o muro o altro, in maniera da essere pronto per ritirarsi o avanzare.
Ritirarsi o avanzare, ma in tutti e due i casi, sempre con molta tensione.
Quando si sente fortemente minacciato, cammina accovacciato e rasoterra: intenerisce vederlo così, grande e grosso come è diventato ora, muoversi facendo finta di non esserci. Insomma se ci fosse davvero un nemico, così, paradossalmente, non farebbe altro che attirare la sua attenzione.
Come non condividere con Ughino la sua sensazione di smarrimento!
Se può evitare Ughino non chiede. Neanche quando ha fame: sta immobile davanti alle sue ciotole vuote, fissando il muro e volgendoci il dorso. Il silenzio e l’immobilità come segno di dignità e distinzione rispetto alla volgarità del nostro gozzovigliare.
 
  Ughino non sacrifica la sua voglia di pulizia, per un contatto, una carezza, se non per Giulia.
Immobile: metà dentro e metà fuori… non è così anche per me, dinanzi all’incertezza dei cambiamenti? Alla paura dell’ignoto?
Le nostre nevrosi coincidono, ognuno ha studiato le abitudini ed i rituali dell’altro. Abbiamo sentito le nostre reciproche paure e siamo riusciti a rispettarci, convivendo senza essere invadenti l’uno con l’altro.
   Un’altra corrispondenza forte tra me ed Ugo era data dalla sensazione di contaminazione per la presenza troppo ravvicinata degli altri. Gli altri non potevano toccarci, il loro tocco inceneritore come quello della medusa era una minaccia così potente che a tutti e due prendeva la paranoia che se li avessimo lasciati fare ci avrebbero annientato in un attimo. Allora bisognava proteggersi lavandosi ripristinando così l’originaria immacolata interezza.
Devo ammettere che possiamo diventare estenuanti ed incomprensibili per via dei nostri rituali e cerimoniali vari.
Però anche Ugo pur somigliandomi fa finta di non capire: a volte la notte mi sveglio perché lui con la sua zampa raspa sul legno del mio armadio che tengo chiuso a chiave perché lui non vada tra le mie cose.
Ma ultimamente Ugo si lascia accarezzare, sarà perché invecchia e le sue energie diminuiscono.
 
  Se ho sempre capito l’attrazione per la bellezza olimpica dei gatti non ho mai capito quella per i cani, animali che non ho mai conosciuto da vicino. Tanto che ho sempre pensato che i loro padroni li volessero con sé per un bisogno, appunto, di dominio. Perché la dipendenza di questi animali soddisfaceva la loro vanità… ed invece da quando Irene mia nipote di Perugia ha preso un cane ho capito che anche lì c’è lo scambio.
 
  Lui è un barboncino di nome Fiocco. Non è conciato in modo ridicolo, le sue toelettes sono dignitose, al massimo assume l’aria di un agnellino.
Di solito quando chiacchieriamo lui sta insieme a noi in pose un po’ svenevoli. Immoto quasi senza peso, con uno sguardo sognante, perché essendo un ottimista è lì sempre fiducioso che qualcuno come d’incanto da un momento all’altro possa rivolgersi proprio a lui e dirgli: “Dai Fiocco che andiamo a fare un giro!”
E quando questo succede, davvero lui che non si trattiene dall’essere contento, ti salterella tutt’intorno spingendoti fin dove c’è il suo guinzaglio: il posto delle cose e le abitudini delle persone sono il suo forte. Altre volte ci guarda in modo un po’ snob, perplesso…
  Poi io conoscevo i gatti con il loro bisogno di spazio, di privacy, di distanza anche da chi li amava senza riserve, quindi non mi aspettavo che invece i cani fossero così immediati, estroversi, sempre disponibili al gioco ed alle carezze. Che fossero una specie di libro aperto.
Che comunicassero tanto e con tanta facilità i propri sentimenti. Soprattutto un sentimento, senza falsi pudori, quello della felicità senza bisogno di grandi eventi.
Anche per molto poco, anche perché ti hanno visto tornare e ti hanno ritrovato.
 
  Ma non divaghiamo e torniamo ad Ugo.
  Di tutti i gatti che ho conosciuto da piccola, quando ancora partecipavo dei vari regni della natura senza ritenerli troppo diversi da me, Ugo è quello che più mi rassomiglia.
È il mio corrispettivo tra i gatti, anche se è un maschio.
Cioè un maschio come può esserlo lui, ferito. Come d’altra parte femmina altrettanto ferita posso essere io.
Così le nostre parti colpite sono complementari… per questo possiamo fissarci tutti e due adoranti e sentirci riunificati con pietosa tenerezza.