Il prete grasso

Il prete grasso

copertina
anno
2009
Collana
Categoria
pagine
32
isbn
978-88-6266-133-1
4,75 €
Titolo
Il prete grasso
Prezzo
5,00 €
ISBN
978-88-6266-133-1

Andavano in seminario, i bambini, che sembravano manici di scopa smagroliti nelle tonache troppo larghe, a crescenza, che poi gli si stringevano addosso, e le ragazze se li mangiavano con gli occhi e si giustificavano che era l’attrazione per la religione.

 

 

Manni racconta il Cristianesimo contadino, contaminato delle tradizionali religioni naturalistiche animistiche, di miti pagani, di riti magico-astrali-divinatori; i poveracci che vanno a messaprima, onorano i santi e invitano anche se li odiano i preti al pranzo di matrimonio, che votano lo scudo crociato per ottenere la pensione d’invalidità in attesa di Baffone; e racconta l’infanzia di un fanciullo, e poi di un altro, e di un altro ancora, a comunicare con le api o a consentirsi giochi impertinenti; insomma, l’infanzia di una civiltà già antica millenni, che bestemmia i suoi santi e cucina per loro le tagliatelle coi ceci.

 

Progetto grafico di Roberto Gorla e Michela Barbiero

 
INCIPIT

Carezzavo le api
 

Carezzai per la prima volta le api in primavera, in quel Novecento incipiente, che avevo tre anni. Trotterellavo inseguendo il truciolo di coda rosa d’un porcellino e succhiavo una pallotta di zucchero sottratta alla zuppiera in dispensa; l’animale messo in agitazione dai miei gridolini correva scartando ora a destra ora a manca e infilando infine il pendio lieve che digradava al canto estremo della masseria La Vascia, dove erano allineate lungo gli alti muri a secco discretamente insiepate nel filare di fichidindia due dozzine di arnie i cui favi provvigionavano di miele la gente della masseria.
Arcanamente attratta da esalazioni impercettibili agli umani, un’ape cercatrice mulinò intorno alla zolla insalivata ed alla mano e le labbra impiastricciate di saccarosio, e ronzando convocò all’umoroso convivio numerose compagne, una diecina delle quali svolazzavano intorno al mio viso e io ne ammiravo le strie fulve e brune eleganti nell’alternanza distinta e discreta e la peluria, immaginandola soffice al tatto come il seno di mia madre; due o tre si arrestarono sulla zolla e io adagio posai l’indice sul dorso d’una di esse e lieve la lisciai, mentre intenta a succhiare gli umori dello zucchero essa d’altro non si dava cura.
In tante ne sopraggiunsero e tante altre ancora, e in breve l’intera mia testa pressocché fu celata dal nugolo carezzevole di ali dorsi e zampine che mi solleticavano ed io difatti ridevo, ridevo d’una sensazione rassicurante di consonante natura e continuavo a rincorrerle, le api, con i polpastrelli ed a percorrerne adagio e lieve l’addome.
In cima al dosso spiccava nera contro il celeste chiaro mia madre e a fatica teneva serrato con le mani crociate sulla bocca il grido di panico che, ben capiva, avrebbe rotto l’incantamento.