Anna Maria Bracale Ceruti, In ombra d'acqua

01-04-2008

Il presente in senso globale, di Lidia De Federicis

Raccontare in poesia si può, se la si ritiene anch’essa un atto di comunicazione. Non intendo qui riferirmi a romanzi in versi, continuazione di una materia già di Balzac o di Verga, del genere di quelli che hanno dato una buona notorietà a Ludovica Ripa di Meana. Penso invece a forme attuali e impreviste, che senza modelli entrano neo nostro presente e sfruttano i caratteri specifici del discorso poetico per riverberarne gli effetti speciali anche sull’immaginazione narrativa. La struttura complessa, con l’alto tasso di figuralità e con la tensione che si genera nell’ampiezza della stratificazione, dallo strato fonologico allo strato ritmico, e nel rapporto semantico con il contenuto. Un esempio perfetto è in certi testi della raccolta appena uscita In ombra d’acqua che termina non per caso con un poemetto, L’affondamento del Kursk, e con l’appello al lettore perché ne condivida il duplice valore: il racconto e l’espansione semantica in una forma speciale di ricezione: “Tu che mi ascolti, mi leggi / vieni nelle mie parole / sveglia i tuoi sensi.” Nel mare di Barents rimasero intrappolati nel sottomarino 63 marinai e 55 ufficiali; e nessuno riuscì a salvarli. Eppure il 2001, tempo di pace. Questo è l’evento di grande cronaca, la tragedia collettiva di cui si fa poesia. Anna Maria Bracale Ceruti ne ha elaborato un trattamento corale, in modo da istituire una corrispondenza esplicita fra l’evento e la sua forma. Ha affollato il testo di voci, ciascuna con un punto di vista, una prospettiva. “Silenzi, torpori annebbiamenti” e anche visioni di mostri di intensa tradizione letteraria e filmica: “Bocca di squalo / la forma dell’errore / in mezzo al mare.” Ma, per me che leggo oggi, sono semplicemente e materialmente “Vite sommerse”, corpi sul fondo. Corpi e nomi dimenticati per diversi mari.
Così queste poesie arrivano a interpretare il presente in senso globale. Un proposito dichiarato e ambizioso.