Beppe Puntello, Uomini di onore

14-07-2009

In Sicilia gli uomini d'onore non esistono più, di Francesco Borgonovo

Allora, sono tornato domenica sera da un premio di poesia, dove tutti (di destra, di sinistra, di centro) si stringevano le mani, si facevano complimenti e fusa a vicenda. Mi chiamano dall’Ordine: ci manderesti la recensione del romanzo di Beppe Puntello che ti abbiamo chiesto qualche settimana fa? Figuriamoci se ne avevo voglia. Di scambi di favori letterari non ne potevo più. Perché forse non lo sapete, ma le pagine culturali dei giornali funzionano così: io scrivo un libro, tu me lo recensisci, così poi io recensisco il tuo e tutti insieme recensiamo quello di tuo cugino. Siamo tutti contenti, abbiamo fregato chi va in libreria ad acquistare il volume pregiato di cui abbiamo tessuto le lodi. Ma come mai L’Ordine ci tiene a questo romanzo? A che si puntella Beppe Puntello? Poi mi faccio un giro sul sito dell’editore Manni e scopro che Beppe Puntello vive a Como da quarant’anni. Un’istituzione locale, praticamente. Ecco l’arcano, mi son detto, vorranno fargli un favore. Mi sono messo d’impegno pensando: adesso glielo stronco, così, come. piccola rivalsa di un oscuro giornalista culturale contro il sistema. E invece no. Invece ci sono rimasto di stucco. Perché si tratta di un bel libro. Per di più, si tratta di un libro che affronta un tema che mi ha riguardato da vicino, nei giorni passati in mezzo al culturame dei poeti italiani. Il romanzo di Puntello s’intitola Uomini d’onor” e lo pubblica Manni (editore che sforna tante cose raffinate, quindi un indizio). E il senso sarebbe che di uomini d’onore non ce n’è più. Il tutto però sviscerato fra pagine e pagine che raccontano la Sicilia e si pongono un modello chiaro, chiarissimo: il Gattopardo. A me il Gattopardo neppure piace. Ma mi piace l’ambizione di Puntello, che punta a descrivere il carattere degli uomini, operazione non facile e per questo evitata dalla maggioranza dei romanzieri italiani, i quali si accontentano di compatire i precari o di compiangere se stessi, attività entrambe sterili.
Forse è un’ambizione della quale l’autore non si accorge, ma che salta agli occhi per forza. Uomini d’onore infatti non è un romanzo, piuttosto un cumulo di storie, leggende, motti e ricordi mescolati insieme in modo più o meno organico. Qualcuno direbbe un romanzo corale. Dove esce fuori la voce del popolo siciliano, per le strade, nei cortili, nelle parole sussurrate vicino all’orecchio. Se Puntello pensa di continuare nella sua avventura di narratore, gli consiglierei la lettura (o la rilettura) attentissima di Federico De Roberto e delle pagine iniziali dei Vicerè, dove a parlare sono proprio i popolani del Regno delle due Sicilie (e che voce “vera” hanno, pur trovandosi in mezzo a una vicenda di invenzione). Tutto questo materiale è sgorgato dalla penna di uno che non fa lo scrittore di mestiere, e si trova ad essere più vivo dei pennivendoli miei colleghi. I quali, al festival a cui ho partecipato, si scervellavano su temi immensi come l’Assoluto, Dio, il Destino. Poi correvano a fregarsi le mani l’un con l’altro: come sta caro lei, che bello il suo ultimo libro, che meraviglia le sue poesie (e subito, con il vicino, sussurravano: quello non sa scrivere). Ecco, Puntello parla di uomini d’onore. In giro, nel mondo culturale, di uomini d’onore ce ne sono pochi, un pugno. Più mi guardavo questo libro, tornando dal mio premio, più pensavo a quel che mi tocca vedere.
Siamo uomini d’onore, noi.
Ovviamente Puntello si riferisce anche alla mafia, agli “uomini del disonore” che vanno contrapposti agli uomini d’onore. Certo la cultura non è così terribile. Di marchette si tratta, mica di camorra. Però un sistema dei favori esiste eccome. Lo denunciava (pubblicato da Libero, lui che non è certo un fan del centrodestra) il mio amato scrittore Antonio Moresco, in un articolo che vi invito a recuperare sulle pagine della rivista Il primo amore (www.ilprimoamore.com). Ed è bene esserne informati, sapere che cosa stiamo sfogliando sui quotidiani. Mi ripeto: pensavo che ci fosse sotto l’inghippo anche stavolta. Sono rimasto sorpreso, da Beppe Puntello. Pensavo di dovergli fare una marchetta, e invece ho scritto una recensione vera, per un vero romanzo. Adesso la palla passa a lui: mi inviti almeno come relatore a una sua presentazione! E poi a cena, con di amici dell’Ordine (a sue spese, ovvio). Lui che non è scrittore professionista forse non lo sa, ma nel mondo della cultura funziona così.