Cosimo Argentina, Maschio adulto solitario

21-05-2008

Operai e ufficiali, tutti i perdenti di Argentina, di Andrea Di Consoli

Con Maschio adulto solitario Cosimo Argentina (Taranto 1963) scrive un romanzo indimenticabile. Fonde, narrativamente, il mito di un eroicomico apprendistato alla vita (si torna, come ne Il cadetto, per un capitolo, in una caserma) e l’antimito della scoperta della vita adulta (sentiamo certe atmosfere di Bar Blue Seves, o di Viaggiatori a sangue caldo). La dedica del romanzo è chiara: “Ai deboli, agli insicuri, agli indifesi”. E come in tutti i romanzi di Argentina, anche in questo tutti i personaggi sono perdenti, anche i prevaricatori; ma lo sono in un modo tutto speciale, legati come sono, fino alla fine, per nemesi, alle vittime.
Maschio adulto solitario è la storia decennale(dai venti ai trenta anni) di Dànilo Colombia, ragazzo solitario in cerca di spazi vitali, continuamente oppresso da un cielo meridionale metallurgico (quasi tutto il libro è ambientato a Taranto, città-archetipo di Argentina, alla quale ha dedicato quasi tutti i suoi libri, per ultimo lo zibaldone minimo Nud’e cruda; città d’infanzie, di mare oleoso, di piogge nere e di estenuanti sensualità); ma in principio siamo anche al Nord, in una fabbrica di tonno, in una squallida camera in affitto, tra operai perdenti (per Argentina sono tutti perdenti, ma non tutti i perdenti sono uguali: esistono i perdenti-vittime e i perdenti-carnefici).
Al centro del mondo di Colombia c’è l’Ilva di Taranto: totem minaccioso e rassicurante, suggeritore di morte, ma pur sempre stella cometa terrena e limacciosa della sua vita pericolosa e marginale.
Maschio adulto solitario, poi, è un romanzo pieno di figure femminili indimenticabili (e di fantasmi); l’unico amore assoluto di Colombia, Sara, una giovane ragazza di Bari dei tempi della “naja” (assurdamente morta impiccata, e capobranco degli “Invisibili”, masnada di morti, tra cui il padre, che sempre accompagnano la vita di Dànilo); la madre, bambina-sessantenne, rovinosamente nostalgica di una sfiorita bellezza; la moglie di un ufficiale di caserma, altera, irraggiungibile nella sua burrosità quasi fetish, che alla fine di un lungo percorso, sotto ricatto, quando Dànilo diventerà un avvocato corrotto, starà nuda davanti a lui (ma a quel punto, lui ne vedrà le grinze e i biancori dell’età, e la rifiuterà); la vecchia e struggente Maria, operaia sessantenne del Nord, sola, affamata di scampoli d’amore (Argentina ne restituisce odori e dettagli di una crudezza avvilente); Armida, la giovane avvocatessa rampante (piccolo-borghese tarantina), divorata dai miti del successo, ma costretta in un corpo selvaggio.
Dànilo, insomma, è un “ragazzo a vita”(colmo di rabbia e di sogni), per sempre schiacciato da donne disfatte dalla propria storia (madri) e da ragazze impossibili ancora lontane dalla propria storia (Sara; e poi Giacomina, in finale, a suggellare l’impossibilità di un amore puro).
E poi c’è tutta una galleria di semimostri “paterni” (a volte grotteschi), di squali di provincia: ufficiali sadici, avvocati cinici, capireparto carcerieri.
Insomma, un romanzo assoluto su quella piccola malattia chiamata Sud Italia, sul diventare grandi, sull’ingenuità, sulla cattiveria, sulla corruzione, sull’amore, sul mare, sull’emigrazione, sul corpo, sempre colto nelle sue avvilenti pieghe di disfacimento.
Dànilo Colombia è il tragicomico eroe di una vocazione affamata alla vita, eppure è anche un campione di solitudine; e ciò che non potrà mai accettare, alla fine, sarà giammai la sporcizia sulle mani, ma la fine della giovinezza.
Sicuramente rispetto all’epica fiera de Il cadetto (o di Cuore di cuoio, sulla Taranto della fine degli anni Settanta) Maschio adulto solitario scende un ulteriore gradino di comicità feroce e di cupezza (non è un caso che venga continuamente citato il Dante Alighieri più presago: il Dante de l’etterno dolore), forse suggellato proprio dalla tigre che, in finale di libro, mutila Dànilo, e dona al romanzo un’indole di espiazione e di visionarietà un po’ allucinata (ma anche gli Invisibili, con la loro costante presenza, conferiscono al romanzo un’andatura delirante).
È un romanzo, questo, che ha il mito dell’avventura narrativa di un Hemingway; l’erotismo sfacciato di un Miller; l’immaginario erotico di una generazione cresciuta con i film erotici e istrioneschi di Edwige Fenech; e infine (e questo emerge sempre di più nella narrativa di Argentina), certe rabbie di chi si è abbeverato al magistero d’odio di Céline.
Maschio adulto solitario è sicuramente il romanzo più importante di uno scrittore appartato (Argentina vive in un piccolo paese della Brianza) che ha saputo rendere la sua vita di scrittore leggendaria come un romanzo (è stato calciatore, giornalista di nera, venditore di enciclopedie, barista, insegnante, avvocato, militare di professione).