Daniele Maria Pegorari, Dal basso verso l'alto

01-05-2007
Angiuli verso l'alto, di Maria Rosaria Cesareo
 
 
Lino Angiuli è, ormai, un soggetto fotografico inquadrato da tutte le angolature, sotto tutti i profili: da quello letterario a quello editoriale, da quello poetico a quello linguistico-dialettale. L’ultimo scatto lo riprende, in occasione del suo sessantesimo compleanno biologico e del quarantesimo di attività professionale, Dal basso verso l’alto, quasi a volerlo proiettare ancora più su, mostrandocelo in tutta la sua prepotente singolarità. A giudicare dalla prospettiva, si tratta di un vero e proprio scatto d’arte: edito per i tipi di Manni, a cura di Daniele Maria Pegorari con saggi di Ettore Catalano, Esther Celiberti, Gigliola De Donato, Gualtiero De Santi, Pietro Sisto, lo stesso Pegorari e corredato da una ricca antologia di trent’anni di critica (1976-2006). Quanto mai opportuna e necessaria appare l’accurata e completa bibliografia delle opere e della critica (una quarantina di pagine). Bella anche la copertina, con ritratto policromo del poeta firmato da Michele Depalma.
Ciliegina sulla torta – quella per i sessant’anni – l’autocronologia che Angiuli si/ci regala: un racconto quasi del tutto inedito sulla sua vita di uomo (figlio, studente, marito, padre) e di scrittore, il tutto condito da una buona dose di fine autoironia (angiulismo) che da sempre lo caratterizza e lo distingue nella “giungla culturale” locale e nazionale. Si mette a nudo Lino, non risparmiandoci qualche sfumatura malinconica, una zoomata sulla sua vita privata, qualche discreta ma quanto mai comprensibile “debolezza” autocelebrativa, lasciando intravedere – per chi non se ne fosse accorto – tutta la sua autenticità umana e professionale: Ma che sta succedendo? Oltre a sorprendermi e gratificarmi abbondantemente, questi eventi mi spingono a scrivere numerosi altri versi, tanto da sentire il bisogno di coniare una frase assolutoria di ascendenza gozzaniana: “Non sono un poeta, ma una persona che scrive versi, quando proprio è necessario; e scusate se a volte mi scappa la mano! Vi giuro che non lo faccio apposta».
A sigillare la sua antica amicizia con Noci – in  occasione della presentazione  del libro lo scorso dicembre, presso il Miramonte Party – Angiuli ha donato alla Biblioteca comunale “Mons. Amatulli”, per la sezione Archivio della poesia pugliese (attiva dal 1987, grazie alla prima donazione del poeta nocese Vittorino Curci), la sua collezione di libri poetici e letterari,  riviste specializzate, nonché le sue opere (dieci libri di liriche, opere teatrali, fiabe, saggi e aforismi), testi da lui prefati, curati, tradotti, carteggi personali e una cospicua raccolta di pubblicazioni inerente la letteratura dialettale pugliese e italiana. «Mi separo da questo materiale perché ho attinto, ho preso da esso tutto quello che poteva offrirmi nel momento in cui l’ho acquisito. Ad ogni libro è legato un ricordo, una persona, un momento della mia vita, ora è giusto che ne usufruiscano altri». Parrebbe trattarsi, semplicemente, di far posto nella libreria di casa. Invece no. Grazie a questa separazione, Angiuli fa spazio dentro la mente e dentro il cuore, quasi una rinascita spirituale… una sorta di autoterapia… non del tutto indolore. Poi aggiunge: «Sono nato a Valenzano, vivo a Monopoli, dono i miei libri a Noci: ci sarà pure una ragione!!», alludendo al buon rapporto da tempo instaurato con la Biblioteca “Mons. Amatulli”. A questo punto verrebbe spontaneo ringraziare, ma con un solenne e vicendevole giuramento – in perfetto stile angiuliano – si è deciso di abolire i ringraziamenti.
    Un gesto più che generoso il suo, con uno scopo e una finalità ben precisi: affidare intanto la produzione poetica pugliese a una sezione specifica che si occupi precipuamente di conservare, preservare, archiviare, rendere fruibile il tutto. Poi il fine: incentivare l’attenzione verso la letteratura contemporanea con un invito particolare alla poesia, quasi una incitazione a riappropriarcene, a riscoprire in essa le forme, i suoni, i colori, i sapori della vita che solo l’evento particolare di una riflessione poetica può regalare. 
Cosa aggiungere? Meglio leggere il libro senza anticipare altro.
Del resto, ad inquadrare Angiuli con un ultimo flash di tutto rispetto, basterebbero le parole che Leonardo Mancino scriveva su di lui già nel lontano 1984: «…Lino Angiuli è un poeta che occorre lasciar libero come un cavallo in corsa sui prati della sua fantasia e lungo i percorsi e le strade della sua iniziativa comunicante. Ci corre l’obbligo – per questo e per altri aspetti della sua esperienza di uomo e di scrittore – di affermare che la sua è la più completa e la più intelligente (alla contemporaneità ed alla cultura di un preciso territorio morale, geografico, di fatti e di atti) poesia che i pugliesi hanno oggi in un attuale secondo Novecento per il quale sono da operare opportuni tagli, necessari scarti e cruenti inviti a scrivere meno, oh quanto meno, o a non scrivere affatto».
Assolutamente d’accordo!