Giulietta Rovera, Per hobby e per passione

25-04-2013

Le risposte ed il sorriso, di Mario Bonanno

La ricerca della figurina mancante come sublimazione del rito della caccia: veniamo tutti da una tribù di predatori, la conquista è un istinto che abbiamo nel sangue. Che si tratti di cavaturaccioli, sorpresine Kinder, quadri o francobolli, l’imprinting è lo stesso: il collezionismo richiama in noi ataviche pulsioni predatorie. Dall’uomo di Neanderthal a Renzo Arbore (indefesso collezionista di oggetti in plastica) il passo evolutivo, insomma, è alquanto breve. Sul tema ci sarebbe, poi, l’articolata lettura psicoanalitica, che tira in ballo la nevrosi e la perdita (e la riacquisizione simbolica) dell’oggetto transazionale, ma se anche Freud si concedeva il lusso della raccolta di reperti risalenti alle civiltà classiche, perché un Signor Rossi qualunque non dovrebbe permettersi di collezionare preservativi (si spera non usati) o caraffe pubblicitarie di whisky?
Come sintetizza efficacemente Domenico De Masi nella sua prefazione a “Per hobby e per passione” (di Giulietta Rovera, Manni 2013):
“Non si può non coltivare almeno un hobby, e se ogni hobby cela una nevrosi, l’assenza di hobby comporterebbe nevrosi ben più gravi e inguaribili”.
Tradotto in termini terra-terra, se non sai come impiegare il tuo tempo libero sono cavoli ben più amari che se riesci ad investirlo in mini-tour per mercatini dell’usato o esplorazioni internet alla ricerca dell’oggetto del desiderio perduto, o mancante. Mi sono accorto che il sorriso con il quale ho scorso le pagine di questo libro era diventato una paresi, a lettura quasi ultimata: niente male per un’inchiesta invece serissima sulle smanie, le manie, le passioni e i passatempo mondiali, condotta dall’autrice con un occhio al cerchio dell’indagine antropologica e uno alla botte della narrazione leggera, tra compulsivi del collezionismo di opere d’arte e feticisti di scatolette di sardine, bibliofili e fumettari all’ultimo stadio e procacciatori di cavalli a dondolo con la sindrome di Peter Pan.
Ampio spazio trova, nel libro, l’onda lunga e assai frequentata dell’hobbystica, viaggio andata-e-ritorno tra le passioni sordide (ma non troppo) di vip cultural-televisivi come Vittorio Sgarbi, Piero Angela, Oliviero Toscani, Umberto Eco, Giorgio Forattini (e tantissimi altri), alle prese chi col giardinaggio, chi con la musica, chi con gli sport estremi chi, persino, con il vetero-casanovismo (indovinato chi?).
Sono poco più di duecento pagine di un saggio-inchiesta che “pesa” molto più di quanto appaia a prima vista, e si legge con piacere, facciate parte o meno del popolo trasversale dei collezionisti per caso o per necessità. Vorrei concludere con le parole della brava Giulietta Rovera:
“Ma cos’è che trasforma un innocuo passatempo in passione divorante, ovvero in hobby? Cosa induce un individuo a raccogliere migliaia di cartellini NON DISTURBARE, quelli che si appendono fuori dalla stanza d’albergo per impedire l’accesso al personale? A riempirsi la casa di lamette da barba o di involucri per agrumi, tutti rigorosamente uno differente dall’altro? (…) a battere i mercatini macinando a piedi chilometri ogni giorno, con il buono e il cattivo tempo, alla ricerca di oggetti stravaganti, il cui uso pratico è pari allo zero?”.
Garantisco che le risposte si rintracciano in questo libro.