Gladis Alicia Pereyra, I panni del saracino

07-10-2015

Il saracino alla Casa delle letterature

Presentato l’altra sera a Roma, alla Casa delle Letterature, il nuovo romanzo di Gladis Alicia Pereyra, “I panni del saracino” (Manni Editore), da Marco Ferrazzoli, giornalista, capo ufficio stampa CNR, saggista e poeta; e da Piera Mattei, scrittrice, critica letteraria e direttrice dell’editrice ‘Gattomerlino’, alla presenza dell’autrice. Claudia Ambrosino ha letto delle pagine del romanzo. Il secondo romanzo della scrittrice nata in Argentina, ambientato nel Mediterraneo verso la fine del 1200, narra le vicende di Nerino dei Buondelmonti, francescano costretto a vestire ‘i panni del saracino’ per sopravvivere al massacro di San Giovanni d’Acri - ultimo caposaldo cristiano in Palestina -, poi a diventare pirata e, infine, corsaro al servizio di Genova. “Non è proprio un romanzo di formazione – dichiara Ferrazzoli (nella foto di Magda Laini con Gladis Alicia Pereyra) –, ma affronta soprattutto la trasformazione di un giovane impaurito al primo contatto con la violenza”. “Ma secondo me la sua visione della storia italiana, dell’italianità – prosegue -, deriva dal fatto che Gladis ha delle radici che vengono da molto lontano, credo che come autrice, dopo ‘Il cammino e il pellegrino’, voglia mettersi in discussione, libera dall’autobiografismo che di solito coinvolge gli scrittori, soprattutto nei primi romanzi, ed offra al di sopra di tutto una grande costruzione. Il pregio fondamentale del romanzo è la concentrazione su un personaggio che, partito da una grande fede, si trova coinvolto in una situazione di violenza estrema, ma in contrapposizione con l’attualità. Il suo personaggio dimostra una grande maturazione intellettuale e autoriale”. “La sua caratteristica è la superbia – ribatte l’autrice -, è un capo nato, bellissimo e coltissimo, che si ritrova a lottare con una sorta di demone che lo possiede”.

“Il libro si apre con una scena di grande bravura – afferma Piera Mattei -, quasi da film horror, anzi splatter - violenza, sangue, teste mozzate - che si collega all’attualità nel massacro dei crociati ad opera dei musulmani, un avvenimento che però passa subito in secondo piano. Il primo piacere che l’autrice offre al lettore è una scrittura romanzesca. Io lo definirei un romanzo in cerca di autrice, così come i panni del saracino riemergono nel finale, lei è trascinata dalla forza di raccontare. Il protagonista, dopo la paura e lo shock della violenza iniziale, finisce per dimenticare la propria identità, ma si trasforma in eroe classico, tanto che il libro, a tratti, ricorda nelle atmosfere ‘Il mestiere delle armi’ di Ermanno Olmi. Pereyra ha una grandissima abilità per la descrizione, e nel libro io ho identificato riferimenti forse ‘involontari’, da ‘Il visconte dimezzato’ di Italo Calvino a ‘L’isola del giorno prima’ di Umberto Eco, persino a ‘I promessi sposi’ di Manzoni, nel riferimento all’ordine francescano. E principalmente i classici ‘Don Chisciotte’ e l’Odissea, soprattutto per quel che riguarda gli eroi, i cui tratti erano appunto una straordinaria bellezza donata loro dagli dei. Nerino non è malvagio perché bello, piace a uomini e donne, tanto che i compagni imparano ad amarlo e rispettarlo. Mentre Anna, la donna che ama, diventa un po’ Penelope, in un romanzo in cui non ci sono tempi morti, anzi per restare in tema, non ci sono bonacce”. Infatti, perché il romanzo si svolge nella stragrande maggioranza a bordo di una galea, per di più affollata di maschi. E a proposito della bellezza – che è forse ‘l’arma’ più potente del protagonista -, Ferrazzoli ha poi detto, che è “un dogma un po’ meno credibile”, ma ci sono diverse letture e interpretazioni, visto che è un po’ una metafora della seduzione del potere, o come accenna Mattei “un dono degli dei agli eroi”. Mentre Pereyra sostiene che la sua incolumità è salva perché “Nerino è sotto la protezione del gigantesco Teo” che lo consiglia e addestra come fosse un fratello minore, forse, come un figlio. José de Arcangelo