Nicola Vacca, Incursioni nell'apparenza

10-04-2007

10/04/2007 - Creatività e letteratura
Questo Occidente in agonia, di Rosemary Jadicicco

19/03/2007 - La meta sociale
Quando la musica incontra la poesia, di Antonio Saccà
 
Si è tenuto al Parco della Musica un concerto di musica/poesia, con la dizione di Cosimo Cinieri e la esecuzione della Banda dei Carabinieri, diretta da Massimo Martinelli. L’esperimento, svoltosi sotto il patrocinio dell’Unesco nella Giornata Mondiale Della Poesia 2007, è stato originale e travolgente per la sincronia e l’accorta individuazione della musica con i versi, e le pause, le accelerazioni, gli slanci, le timbricità di Cosimo Cinieri, che rigenera i testi, dal Medioevo al Novecento, con un intersecarsi di canzoni, brani d’opera, d’operetta a contrappunto delle poesie, in modi dissacranti e consacranti, da far “rileggere” e rinascere le composizioni. Ovazioni. Regia di Cosimo Cinieri e Irma Immacolata Palazzo. Può suscitare incredulità l’associare un sonetto di Dante a una melodia napoletana, una sinfonia di Rossini al coro. “Dagli altri muschiosi, dai fori cadenti”, del Manzoni, la straordinaria per vastità di pensiero accresciuto e variato, “ondante” del “Canto di un pastore”, di Giacomo Leopardi al “Chiaro di luna”, di Debussy, poi scopriamo che la scelta musicale è confacente, oltretutto Cinieri incastona musica e versi anche a mezzo dei gesti. Un esperimento di opportuna didattica estetica. Sono certo che Cinieri ridarà a migliaia di uditori il piacere della parola espressiva.
E, con riguardo alla parola espressiva, al tormento di chi sente la parola come espressione non come smorta, grigia, acquosa comunicazione generica, e vorrebbe difendere la poesia, ecco una raccolta, di Nicola Vacca: “Incursioni nell’apparenza”, Manni Edizioni, più sconfortata, mi pare, di altre sue raccolte, insistita su temi afflittivi, una società, un mondo, un’umanità che paiono a Vacca perduti nel vacuo, al punto che “Neppure Dio sembra conoscere una via di scampo”, quel Dio, aggiunge in altra composizione Vacca “che esiste, ma non c’è”. Sgombro il cielo, anche la terra è desolata: “Esterno notte visione di uno smarrimento / Col permesso di questo presente folle / Abbiamo smarrito anche i sensi / Del cuore / Abbiamo perso il coraggio di amare / In nome del quale ci siamo sempre chiamati esseri umani / Anche Dio ha cambiato indirizzo”. Che resta in alto, che nella vita? Certo, insistente, l’amore della vita nella vita. Ma questo tema Vacca, la perdita del sentire, della gioia di esprimere, non tanto e non solo verso l’enigmaticità dell’esistenza ma per il sopravvenir della sterilità della civiltà, del trionfo della violenza, dello smarrimento della ragione, del procedere al vuoto o alla distruzione. Allora, siamo alla rassegnazione nella catastrofe, al rifiuto dell’invivibile vita? Vacca ha un sussulto: “Ma l’anima non si arrende / Al saccheggio della morte eterna / Anche se la misura della perdita / Non sarà mai colma: / Perché è proprio tra la gioia e il dolore, / Tra il presente e il passato / Che devo disperarmi nella speranza / Sperare nella disperazione. / Se immane sarà la perdita / Tanto più intensa sarà la speranza”. Una vitalità non domata, se pur cosciente del nulla, nella poesia di Nicola Vacca.
 
18/05/2007 - Gazzetta del Sud
 
Sono versi più sconfortati di altre sue raccolte che insistono su temi affettivi, una società, un’umanità che paiono a Vacca perduti nel vacuo, al punto che “Neppure Dio sembra conoscere una via di scampo”; quel Dio, aggiunge altrove Vacca “che esiste, ma non c’è”. Sgombro il cielo, anche la terra è desolata: “Esterno notte visione di uno smarrimento / Col permesso di questo presente folle / Abbiamo smarrito anche i sensi / Del cuore / Abbiamo perso il coraggio di amare / In nome del quale ci siamo sempre chiamati esseri umani / Anche Dio ha cambiato indirizzo”.
Che resta in alto, che nella vita? Certo, insistente, l’amore della vita nella vita. Ma questo teme Vacca, la perdita del sentire, della gioia di esprimere, non tanto e non solo verso l’enigmaticità dell’esistenza ma per il sopravvivere della sterilità della civiltà, del trionfo della violenza, dello smarrimento della ragione, del procedere al vuoto o alla distruzione. Allora, siamo alla rassegnazione nella catastrofe, al rifiuto dell’invivibile vita? Vacca ha un sussulto: “Ma l’anima non si arrende / Al saccheggio della morte eterna / Anche se la misura della perdita / Non sarà mai colma: / Perché è proprio tra la gioia e il dolore. / Tra il presente e il passato / Che devo disperarmi nella speranza / Sperare nella disperazione”.