Valerio Magrelli, La lingua restaurata

04-09-2015

V’invito al viaggio con Magrelli a Londra, di Gianluca Garrap
 

V’invito al viaggio con Magrelli a Londra. In dodici luoghi per darvi prova di quanto sia spiccato, nella perfida Albione, l’amore per le lettere (Regent Street) e come si possa con pungente ironia, chissà, fra quattro secoli anche i figli dei nostri attuali pregiudicati, statisti di alto bordo, saranno diventati conti o duchi, (Chelsea), illuminazioni comiche: conosco allora i segreti del cosiddetto “Scotch Egg” – un uovo sodo incastonato dentro una polpetta di carne pressata. Chi poi non beve, muore (Bloomsbury) o, quando scrive della musica-rumore diffusa nei locali: una diarrea di suoni intestinali e succhi gastrici (The Serpentine) e i riferimenti culturali: Luciano Cecchinel, Giovanni Pascoli, Jeremy Bentham, Pessoa, Mandel’štam, Shakespeare. La prima sezione ‘A Londra’, è una visita guidata nel modo di vivere degli inglesi, i musei, i mezzi di trasporto, le acque, le altezze, le anse, le ansie, gli accenti, i pasti, l’odore dei libri, i cervi, la metropolitana, e quei particolari che, scrive Magrelli, ricorderò per sempre, visto che non ci sono potuto andare. Sotto la leggerezza, prodigio della scrittura, si cela e viene su il marcio dell’Italia: l’abusivismo, la cleptocrazia, il disamore per la cultura: dobbiamo rimpiangere pure i ricchi di una volta! Almeno compravano Rembrandt e Vermeer, lasciandoli, come se non bastasse, in eredità allo Stato. Adesso, invece, giù squadre di calcio, da Abramovič a Berlusconi. Non stiamo leggendo un pamphlet politico, non c’è astio, livore o fanatica militanza, c’è la pura verità, questo viaggio a Londra è pure un viaggio nelle viscere dell’Italia mafiosa e clericale dove per risparmiare si chiudono molti Istituti di Cultura… E se invece diminuissimo gli stipendi dei DUECENTO DIRIGENTI STATALI CHE GUADAGNANO PIÙ DI OBAMA?

Taci, cuor mio. E sullo scandalo della disuguaglianza si chiude la prima parte, il diario di viaggio sul breve soggiorno londinese. La seconda parte è un dialogo tra Machiavelli e il Tenerissimo (l’autore) sul tema dei Giovani emigrati italiani in Inghilterra, sulla fuga famigerata dei cervelli. È il miglior Magrelli che ci sta accompagnando in un libro-ornitorinco, dove l’ibridazione, l’incrocio dei generi e la libertà espressiva, non cedono allo sperimentalismo astruso e elitario, ma a una maggiore consapevolezza della duttilità linguistica e mentale. Questa seconda parte è dedicata all’artista e scrittore italiano, noto per il linguaggio artistico della “cancellatura”, Emilio Isgrò: il suo compleanno sarà il 6 ottobre prossimo e sua è la copertina di questo libro. Il dialogo verte sull’annoso problema del bene pubblico dilapidato tra i porci al potere, del divario tra gli stipendi, la casta, le appropriazioni illecite e altro su cui è inutile pure stendere un velo pietoso; qui non basterebbe un materasso e via a satireggiare contro il comunismo e il berlusconismo, la sinistra, la vera anomalia italiana, l’orrida copula contronatura e contropolitica di PD e PDL, attraverso acrostici, come quello dedicato ad Andrea Cortellessa, ‘Le ceneri di Mike’ (Bongiorno) presente in ‘Il Sangue Amaro’, indovinelli sulle due destre, lo strano bipolarismo italiano, mezzo fascista mezzo democristiano, la poesia a Pietro Ingrao, i paradossi logici, ancor prima che politici, al punto che a chiunque tale paradossalità / appare molto prossima all’autoconservazione clanica. Dopo le invettive della seconda parte, la terza parte è la storia del restauro di un dipinto del settecento attraverso otto sonetti e cinque mail: è in questa libertà di pensiero e di azione che ci rendiamo testimoni, ancora una volta, dell’indefinibile, eppure sempre operativo, pensiero unico, sia a destra che a sinistra, che abbiamo come una nostalgia di sogni mai sognati e realtà mai realizzate. Gli otto sonetti, metà scritti in inglese da Magrelli e autotradotti in un italiano di servizio, e metà scritti in italiano e tradotti da Adam Elgar, ci portano nel cuore della lingua, e del rapporto che ogni poeta con lei intrattiene, il pretesto è la sorte di un dipinto del Settecento di cui sappiamo le generalità attraverso lo scambio di mail con la sorella restauratrice e con Giovanni. E sembra ritornare quel pittura come poesia: meglio sempre le immagini, Giovanni e poi il rapporto che possiamo avere con una lingua che non conosciamo, che ci rende in qualche modo ciechi. Intorno al dipinto che si dovrà restaurare è evidente anche il discorso di un’intera lingua da restaurare, un intero modo di pensare e, di conseguenza, di agire. Restaurare: Quanti quadri giravano per casa, / mentre vedevo mia sorella armata / di lime, lame, attack, carta vetrata / fare vuoto, teoria, tabula rasa! Scrive Magrelli nella prima quartina del III sonetto, ‘Restauro domestico’. Giocare con la rima, studiare, scrivere, vedere, agire. E forse che questo vedere sia ormai un florido saccheggio delle visioni da parte delle televisioni? Forse questo linguaggio che ci rende ciechi è un linguaggio solo internettiano e privo di agganci e maestri e guide reali? Non c’è più Virgilio ma solo Google traduttore nella nostra vita interiore? È necessario incontrare l’altro per capire noi stessi e la nostra decadenza d’italiani? Sì, è vitale, ne va della nostra sopravvivenza: Meglio un restauro, che un’opera cadente; / meglio tradurre male, che per niente, scrive Magrelli del distico del ‘Lamento del traduttore’ in finale di libro quasi a ricordarci che forse salvarci è ancora possibile.