Alda Merini racconta la sua città, ricorda in una lunga prosa la Milano dell’infanzia e della giovinezza, quella dei quartieri popolari e delle osterie, dei barboni e degli artisti, dei cinema e delle librerie, delle sorelle Fontana e del prete esorcista di Ratanat.
Alda Merini canta Milano (poesie già edite e poesie scritte per questo libro), una città profondamente cambiata che non riconosce:
Milano è diventata una belva
non è più la nostra città,
adesso è una grassa signora
piena di inutili orpelli.
Completano il volume un’antologia critica sulla poetessa e un inserto fotografico che descrive attraverso le immagini il rapporto tra la poetessa e Milano.
Incipit
Milano è una grassa signora
Ho comperato questa casa sui Navigli molti anni fa, pagandola 600 mila lire. Qui sono nati i miei figli, perché allora cliniche non ce n’erano e si partoriva alla presenza dei vicini, ricoperte da tanti lenzuoli. Roba de matt a ripensarci. È vero pure che prima c’era una sorta di comunione dei beni spirituale, per cui tutti si sentivano partecipi della vita degli altri.
Ora, i Navigli sono irriconoscibili.
Sono mancata da Milano cinque anni. Ero a Taranto da Michele Pierri, un affascinante medico e poeta di Taranto, già anziano, che ho corteggiato per quattro anni. Per lui mi sono battuta, o meglio, contro di lui mi sono battuta, perché non voleva introdurmi nella sua casa, nel suo ambiente. Io, una donna del Nord, dal passato turbolento e la sigaretta in una bocca ormai senza denti.
Una volta tornata ho trovato un allargamento che chiamerei “allagamento di case”. E con il tempo è andata sempre peggio: case su case. Qui la gente non respira più; solo polvere, smog, fumi…
I nostri ladroncelli di una volta non ci sono più. Ci sono i grossi ladri adesso. Una volta ci conoscevamo tutti tra noi, e conoscevamo il ladruncolo di turno, il “ladro di galline”. Nessuno faceva male all’altro vicino. Di qualcuno sapevamo anche che rubava, che lo faceva per vivere e senza violenza e che, in fondo, era una brava persona; non avrebbe mai toccato gli abitanti del quartiere.
Questo quartiere ora è pieno di terrùn, è tutto loro. Devo dire che sono anche simpatici, grandi lavoratori. Molti sono bottegai e, anche se amici, si approfittano di me. Con la scusa che sono una poetessa e che mi trattano con riguardo, in realtà mi vendono tutto più caro. Come si dice, venditori di fumo ma brava gente!
Era una Milano diversa, ricca di artisti e intellettuali. Ora questo quartiere è diventato un posto di lusso. È stato come un delirio che è scoppiato per colpa di qualche imbecille che ha pensato solo a far soldi, si sono arricchiti alle spalle di noi altri. Anche alle mie spalle.
Straccivendoli che si sono messi a commerciare antiquariato, che vengono a prendere le mie cose per rivenderle ad un sacco di soldi solo perché sono “cimeli” appartenuti ad Alda Merini.
Medici che hanno lasciato la professione per darsi a questi affari e che così han fatto fortuna.
Noi poeti, noi letterati non saremo mai capaci di questo.