Di fabbrica si muore
Di fabbrica si muore
http://www.alessandrolangiu.it
INCIPIT
Alla fine degli anni Sessanta, l’Eni e il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno decidono di localizzare ai piedi del Gargano un impianto petrolchimico per produrre fertilizzanti (l’urea e il solfato di ammonio) e caprolattame, una sostanza da cui si ottengono le fibre di nylon.
La stampa indipendente si schiera contro il progetto. Bruno Zevi su “L’Espresso” del 3 dicembre ’67 scrive:
"Sarà distrutta ogni possibilità di valorizzare in senso turistico il comprensorio garganico, l’unico in Puglia miracolosamente integro dello splendore dei paesaggi rocciosi e delle fasce costiere; Manfredonia col suo abitato compatto cinto dalle torri aragonesi, Siponto con la cattedrale romanica e i resti dell’antico porto, Lama Volara con il convento di San Leonardo, la zona archeologica di Salaria, soprattutto Monte Sant’Angelo con il suo santuario, il castello federiciano, il borgo medievale e la catena di preziosi insediamenti che sorgono lungo la “Via Sacra Longobardorum” animando le pendici del Gargano, non avranno più alcuna prospettiva di sviluppo."
Ma oltre alle voci nazionali, si levano anche le nefaste profezie locali come quella descritta nel ’69 da Biagio Pignataro, ingegnere di Manfredonia autore di numerosi saggi di urbanistica sulla sua città:
"Questa scelta impone un capovolgimento delle naturali e razionali impostazioni urbanistiche per i seguenti motivi: toglierà lavoro a turismo e agricoltura, che con il loro sviluppo in questa zona avrebbero superato le possibilità di lavoro che offrirà il petrolchimico; in conseguenza di tale ubicazione resterà impegnata al porto tutta la fascia litoranea urbana e sarà impedito quindi alla popolazione ogni libero sfogo al mare. Ciò imporrà inoltre la chiusura di tutti gli stabilimenti balneari esistenti sul lungomare; l’espansione urbana di Manfredonia sarà inesorabilmente contenuta, circoscritta, disturbata, ostacolata da un nefasto semianello di circumvallazione per il traffico pesante al servizio della zona industriale di Macchia che peserà come una cappa di piombo sul destino della città, inibendole ogni ulteriore razionale sviluppo."
Ma a nulla servono questi allarmi.