Fioremollusco rosacorallo

Fioremollusco rosacorallo

sottotitolo
Wysiwyg
copertina
anno
2009
Argomento
Collana
Categoria
pagine
120
isbn
978-88-6266-201-7
13,30 €
Titolo
Fioremollusco rosacorallo
Prezzo
14,00 €
ISBN
978-88-6266-201-7
In una scrittura sorprendente, frutto di umorismo paradossale, autoironia provocatoria e linguaggio raffinato, sapiente e insieme intriso di cruda visceralità e umore sanguigno, una storia contenuta nell’arco di due giornate: l’incontro d’amore tra due personaggi apparentemente diversi e inconciliabili, in un parco antico sopravvissuto al disastro ambientale e alla rete di asfalto e cemento della Brianza lombarda. Ciò che avviene in quei due giorni è un disvelamento: la verità di un uomo e della sua anima riesce ad apparire nella sua unicità, poiché la forza e la vitalità di una donna lo muovono a raccontare del mondo con furia e struggimento.
Pier Lodovico Calzolari (Milano, 1945-2007) è stato un intellettuale antagonista. Il suo pensiero e il suo studio approfondito hanno attraversato l’arte, le scienze naturali, la storia medievale, moderna e contemporanea, la geopolitica, l’ecologia, non ultima la letteratura. Questo romanzo, pubblicato postumo, è una testimonianza preziosa di un autore non schierato, sovvertitore del pensiero in vetrina, che ha opposto coriacea resistenza al corso della società contemporanea, combattendo con l’arma della parola parlata e scritta.

INCIPIT
 

Mi sono stufato di ribattermi a macchina in continuazione, ho assunto una segretaria. Il fatto è talmente strepitoso che si può cominciare anche da qui, tanto da qualche parte bisogna cominciare. La segretaria si chiama Clara Arcangelo, così ha detto che si chiama, mi costa una follia, a pensarci bene tutta questa roba è una follia.
Lo scrittore degli usa e getta che sarei io se ne sta buono buono a farsi torturare per ore nella sua stanza perché confessi di aver messo la virgola nel posto sbagliato e invece la sua segretaria cosa fa? Irrompe nella stanza. Non irrompe in una stanza qualsiasi, non irrompe nella stanza dove ne va dell’essere, irrompe nella stanza dove ne va della virgola. Secondo me c’è prima la virgola e dopo c’è l’essere. Fino a prova contraria. Ma la segretaria dello scrittore tiene in scarsa considerazione la virgola, la segretaria dello scrittore riserva tutti i diritti di primogenitura all’essere, secondo lei la virgola viene dopo. E secondo lei quale sarebbe l’essere che accampa maggiori diritti della virgola? State a sentire che cos’è che accampa secondo lei maggiori diritti della virgola.
Cariche della cavalleria indoeuropea contro il mio fortino minimalista, ondate emozionali, stress polmonari, maremoti respiratori, agitazioni vasomotorie, tachicardia, metalepsi confusionali, erubescenze saltellanti di palo in frasca travolgono in una volta sola tutte le virgole di questo mondo e forse anche dell’altro. Si può sapere perché? No che non si può sapere, è troppo presto per venirlo a sapere. A lei non importa se intanto mi scappa di mano il bandolo della matassa, a lei non importa se perdo il filo del groviglio narratologico che fino a questo momento si è arrotolato così bene a vuoto nel cervello e non ha fatto altro che cigolare come un apriscatole. Ma non dubitate. Quando alla fine il patrimonio di creatività meridiana sarà andato tutto quanto in cenere e si disperderà ai quattro venti verremo anche a sapere cosa cavolo sta succedendo alla mia segretaria.
«Signor Krebs, signor Krebs, c’è Sharon Stepp al telefono, vuole parlare con lei.» «Le dica che ha sbagliato numero.» «Cosa?» «Le dica che ha sbagliato numero.»
Clara si smonta di colpo come un ritratto cubista, resta immobile a lungo per consentire alla laccatura di spalmarsi bene sul ritratto, scende i gradini della doccia fredda bagnata fradicia e molto decisa a impartire al corpo la disposizione di procedere almeno fino alla porta con l’andatura della persona ingiustamente offesa. La parte lesa infatti esce di scena.
Però dopo rientra. «La signora Stepp dice che non ha sbagliato numero, dice che ha fatto molta fatica a trovare il numero, dice che ha urgente bisogno di parlarle.» «Le dica che si è sbagliata lo stesso, il numero non può corrispondere né alla persona né all’urgenza.» Clara esce, si è già abituata.
Poi rientra. «Dice che ha trovato in un suo racconto la più bella scopata che lei abbia letto, dice che se questa cosa corrisponde anche il numero deve corrispondere.» «Le dica che il numero continua a non corrispondere e che la scopata è soltanto letteratura, nella vita non ci sono scopate così, nella vita si mettono al mondo figli e se anche non si mettono al mondo figli non ci sono scopate così.» Esce.
Rientra. «Dice che vuole capire come ha fatto a inventarsi una scopata così, dice che certe cose non si inventano.» «Le dica che sta tutto nella lingua se proprio ci si ficca in testa di andarci a frugare dentro.» Esce.
Rientra. «Dice che vuole venirla a trovare per vedere con i suoi occhi come si fa a frugare nella lingua.» «Le dica che lì dentro c’è buio pesto e non si vede un cavolo di niente, e poi in questo momento sono molto occupato, sto lavorando a una nuova scopata per vedere se riesco a sbalordire me stesso.» Esce.
Rientra. «Dice che se ci riesce è una ragione di più per venirla a trovare.» «Le dica che non ci sono ancora riuscito, che dubito di riuscirci e che se mi viene a trovare è sicuro che non ci riuscirò.» Esce.
Rientra. «Dice che vuole parlare con lei per proporle di scrivere una sceneggiatura per lei.» «Le dica che non sono capace di scrivere sceneggiature, è già molto fare un mestiere alla volta ammesso che se ne abbia uno e ammesso di non prendere troppo sul serio il dubbio metodico che questa roba non sia nemmeno un mestiere, io faccio letteratura e basta, scopate o no è lì che mi sono inchiodato per rovinarmi la vita.» «Signor Krebs, non ce la faccio a tradurre una cosa così.» «Ha ragione, Clara, vada a spanne tanto qui non si lavora mai, è già un lavoro venire a sapere se prima o poi salta fuori del tempo per lavorare in pace.» Esce.
Rientra. «Dice che tutti portano la loro croce, dice che le vuole spiegare di persona di cosa si tratta, non è la solita roba, è una cosa speciale, dice che sa che non le piace la California e che la sceneggiatura la potrebbe scrivere nel suo loft a New York.» «Le dica che sto dalla parte dei soviet, se lo viene a sapere la cia non ci mette niente a incazzarsi di brutto, la cia ne farebbe una questione di principio e le questioni di principio si dirimono stando in galera per il resto della vita, non mi ci vedo a tenere corsi di aggiornamento al personale di custodia su come sono andate veramente le cose nel ventesimo secolo, sempre che nel frattempo si accorgano di essere passati di lì.» Esce.
Rientra. «Dice che apprezza il senso dell’umorismo degli italiani, dice che lo spirito degli italiani serve a proteggere i sentimenti... non sono sicura se ha detto proteggere... i sentimenti... vuole conoscere... vuole conoscere... non mi ricordo più niente, mi scusi signor Krebs, ho perso il senso, la frase era un po’ lunga, sono emozionata, non sono stata attenta alle parole...» «Non importa, Clara, di cosa si preoccupa? Le dica che sono al corrente delle sue preferenze, il minculpop ha diffuso ampie informazioni al riguardo, però le dica che si è sbagliata, io non sono italiano, mia madre era russa e mio padre austriaco, il baby-boomer è rimasto cosmopolita anche da grande e anche se ha scelto l’italiano come lingua di creazione per motivi lunghi da spiegare al telefono mentre in fatto di panzane in voga tra le masse sterminate dei veri credenti non ha ancora fatto domanda d’iscrizione al partito del completo trionfo delle balle e della cablatura del cerchio.» «Ma signor Krebs, non me la sento di parlare così di lei.» «Be’ allora passi la notizia e censuri il commento.» Esce.
Rientra. «Dice che adesso è a Roma.» «Le dica che lo so perché l’ho letto sul giornale.» Esce.
Rientra. «Dice che allora lei fa attenzione a lei.» «Le dica che è una donna molto bella, che ha la testa al posto giusto la qual cosa la esime per sua fortuna dal dovere di incollarsi addosso per finta smorfionate phoney da far venire il maldipancia ma non per questo la rende per mia sfortuna meno pericolosa, io mi occupo di scopate di provincia, il centro dell’impero è lontano, anzi non si sa neppure dove cazzo sta esattamente.» «Come traduco smorfionate?» «Pose phoney da stronza.» Esce.
Rientra, tanto ormai la giornata è persa e nessuno si sogna di pagare gli scrittori a giornata, quando va bene li pagano a lavoro eseguito a tariffe molto più castigate del mio italiano. «Dice che è contenta del complimento se fatto da lei, che però lei non crede di mettere paura a uno come lei, dice che si è stufata di restare a Roma, dice che domani sarà qui.» «Le dica che non ci riuscirà mai, abito in mezzo a un groviglio di strade intasate da milioni di tir, è impossibile uscirne vivi.»
Dopo un bel po’ Clara rientra per prendere la scartoffia decisiva della mia carriera, dev’essere trascorsa una buona oretta, giusto il tempo che ho speso a fissare attentamente una parola, la parola si è messa a perorare il diritto all’esistenza, io non mi sono fatto convincere e ho continuato a insultarla chiamandola cavolo a merenda.