Il sublime corre per i viali

Il sublime corre per i viali

copertina
anno
2008
Collana
Categoria
pagine
96
isbn
978-88-8176-986-5
10,45 €
Titolo
Il sublime corre per i viali
Prezzo
11,00 €
ISBN
978-88-8176-986-5
nota
Prefazione di Michele Rak
Questa poesia si dispone in difesa sugli spalti. È in guerra con la sua brigata di parole. I suoi versi vengono attaccati solennemente ai muri come monumenti ai Caduti della Prima Guerra. Questa poesia non può sparare sugli assedianti e allora spara sulla lingua e sul ritmo le sue fucilate di sostantivi volutamente fuori moda.
Il lettore cerca di prevedere un exitus della frase in tempi di lingue poetiche omologate ai telegiornali. Per fortuna in questi versi questo esito è inatteso, nostalgico, velenoso in grandi dosi, segnala il distacco di molta poesia di questi anni da qualsiasi gruppo sociale e da qualsiasi etica o tradizione.
Michele Rak
 
 
 
 
Giorgio Leoni è nato e vive a Roma. Laureato in Giurisprudenza, ha avuto funzioni dirigenziali nell’amministrazione statale. Il suo primo libro di poesie è del 1979. Giochi con acini succhiati (Manni) ha vinto, nel 2005, il Premio “Guido Gozzano”.

PRIMI VERSI

Via Savoia

1

Oh intonaci, oh timpani, oh fregi sopraffini
d’altri tempi venuti e fiorentini
e pertugi diritti e birichini,
scale, muretti che stringono giardini,
e bastioni che si gravano di altane,
orride faune, busti di titani.
Oh fondali, oh scene, oh bella tessitura
per quell’impasto di segni ricomposto
dove il fanciullo corre sulla strada
in quella rada forzata processione.
Mastodontico austero monumento
di bella arteria che curva l’andatura
ma, se da elette forme è costellato,
alti rifugi agli occhi cittadini,
angoli, anse, spigoli di strade
aderenti all’andamento dei terreni,
se si chieda a tali mura contributi
per esigenze d’affetto disattese
non si è respinti né tolti dalle offese.
Oh fervore di azione costruttiva
su sepoltura per sempre dei terreni,
sotto gli asfalti sotto i sampietrini
scalfita la terra, pungolata.
Oh modelli d’eguale architettura
a piacimento dovunque declinata.

2

Noi non agiamo, noi non partecipiamo,
ci limitiamo alla presenza vuota,
non impediamo ciò che allo spirito
l’aspetto nostro incute.
Benevoli noi, a dispetto di chi su noi
imporre volle il proprio suo disegno.
Rifletti sulla mutevole sorte di ogni segno.
Traccia, dunque, non del permanente
bensì di un referente esposto al voltafaccia.

3

Perché mai quella calce non congela
dei suoi inquilini lo stato dei diritti,
perché non blocca dunque la sequela
che muta il reggitore in un soggetto?

4

Quell’arteria curva che si staglia,
argine muraglia cittadella
elettiva dimora di notabili
asse di annessi quartieri rispettabili,
è una sequenza di forti e di bastioni
ma con traverse disposte tra gli immobili
che agevolmente consentono il passaggio.
Ma se per caso avviene che si aggirino,
come inutili fortilizi fuori gioco,
è fatale che li griglino i passanti
e con alieni parametri arbitrari.

5

È solo dopo, quando ingentilisce
in un tripudio di aiuole e di giardini
e la fontana allieta quella corte
di quel complesso a disegno feudale,
che già si stempera già diminuisce
il suo compatto rigore formale.
Viale confine argine frattura –
seppur natura non dice dozzinale
bensì è cultura che dice signorile –
ultime palazzine disposte in parallelo
che gli alberi mediano e panchine.
È oltre esso,
nel leggero salire di quel clivo
che il quartiere si fa più popolare,
che l’abitato si muta in estensivo.

6

Dunque quel segno,
nato pomposo, alto, da quel regno,
che si stempera scendendo per la valle
fino a dimora più sobria di borghesi
a minori affari ovvero uffici intesi,
senza all’origine voltare le sue spalle,
tangibilmente non indica il subordine
tra l’uno e l’altro ceto dei signori
ché, se alcuni sono reggitori,
s’acconciano altri a meri esecutori?

7

Se permane il tetto spiovente sulle mura
gli ippogrifi non trovi e le altre fiere,
visi grotteschi visi disumani.
Un addolcire lo stile costruttivo
grato, ora, a colui che vi si muove,
meno incombente, meno proibitivo,
non già ricetto di orchi reggitori
e poi figure che incutono timore.
Qualche nicchia, soltanto, priva di figure
e rari fregi di ghirlande e fiori.

8

Con quale forza con quale misura
torna il borghese a nuova architettura
che dall’altura ad essa riservata
netta innalza la sobria muratura.
Oh quanto autorevole la netta cubatura
che bella rende il rosso pompeiano,
ostello autorevole in quella positura
dove si pone priva di ogni orpello.
Beati quei cadetti di insigne genitura
che si dividono la vasta metratura!
Tetto, irriso tetto, eliminato
emblema, stile di vita che tramonta,
sorretto il muro dall’ardita ossatura
che nel cemento trova il suo sostento.

9

Che se poi,
mascherato al gusto dell’immagine
un monito s’insinua all’obbedienza
in quell’ordine che stratifica il quartiere,
è l’estetica infine che prevale
nel suo darsi imparziale alla fruizione.
Con l’effetto che il quartiere si demarca
non già per volontà degli urbanisti,
che dividono su carta i territori,
ma per gli esperimenti emotivi dei prospetti
in violazione agita dei confini.
Donde quel senso dell’appartenenza
ad una sorta di proprio comprensorio,
spazio che ognuno rapporta all’interiore
pei contenuti riflessi sulle mura.