Italo Calvino

Italo Calvino

sottotitolo
Percorsi potenziali
copertina
Curatori
anno
2008
Collana
Categoria
pagine
208
isbn
978-88-6266-034-1
Nel 1972 Italo Calvino entra a far parte dell’Oulipo (Ouvroir de Littérature Potentielle), fondato nel 1960 a Parigi da Raymond Queneau. Lo scrittore italiano mutua dal gruppo molte modalità di sperimentazione e di ludus inserendole nelle proprie opere.
Questo libro, curato da Raffaele Aragona, analizza il rapporto tra Calvino e il laboratorio francese attraverso i contributi di Paolo Albani, Raffaele Aragona, Valérie Beaudouin, Marcel Bénabou, Paul Braffort, Anna Busetto Vicari, María J. Calvo Montoro, Matteo D’Ambrosio, Brunella Eruli, Giovanna Lombardo, Harry Mathews, Piergiorgio Odifreddi, Jacques Roubaud, Jacqueline Risset, Domenico Scarpa, Francesca Serra.
Chiude il volume una specifica bibliografia.
 
INTRODUZIONE
 

Tra i vari aspetti della scrittura di Calvino ce n’è uno che nasce dal suo incontro con Raymond Queneau e quindi con il gruppo dell’Oulipo (l’Ouvroir de Littérature Potentielle).
Questo laboratorio, nato a Parigi nel 1960, si propone di dare un taglio particolare alla produzione letteraria concentrando l’attenzione, non tanto sull’estro e sull’ispirazione, quanto sullo schema del componimento letterario che, costituendo una precisa griglia di contenimento, finisce, di contro, per potenziare in qualche modo lo stesso slancio creativo; è la forza della contrainte (cioè della costrizione, della regola) che, paradossalmente, diventa propizia e generosa.
Nel novembre del 1972 Italo Calvino partecipò per la prima volta, in qualità di “invitato d’onore”, a una riunione di quel sodalizio e l’incontro rappresentò il concretizzarsi di un’identità di vedute che aveva avuto già occasione di manifestarsi in varie circostanze. Fin dal 1960, nella prefazione alla riedizione de I nostri antenati, infatti, si ritrovano dichiarazioni di Calvino perfettamente coerenti con quelle propugnate dal gruppo che nasceva proprio in quell’anno: «…quello che è sempre stato e resta il mio tema narrativo: una persona si pone volontariamente una difficile regola e la segue fino alle ultime conseguenze…».
Su queste basi Calvino non poteva non stringere rapporti con l’Oulipo e con Raymond Queneau, in particolare, del quale seppe poi con fervore propagare l’opera in Italia in varie occasioni: nel 1967, con la traduzione de I fiori blu e, qualche anno dopo, con la prefazione a Segni, cifre e lettere oltre che con il commento alla Piccola Cosmogonia. Calvino aveva riconosciuto nell’autore dei Centomila miliardi di poesie e degli Esercizi di stile una vera e propria anima gemella, poiché questi era fautore di una pratica originale, indifferente alle mode, basata su pochi princìpi essenziali pienamente condivisi1.
Calvino rimase sempre fedele all’insegnamento dell’Oulipo e negli ultimi suoi scritti, quelli contenuti nelle Lezioni americane, egli fa più volte riferimento ai princìpi di quel gruppo, accennando al «miracolo di una poetica apparentemente artificiosa e meccanica, che tuttavia può dare come risultato una libertà e una ricchezza inventiva inesauribile»2.
Questo volume vuole ripercorrere e valorizzare l’esperienza oulipiana dello scrittore. La bibliografia su Calvino è senz’altro ricchissima e molto si è scritto in proposito, specialmente in questi ultimi anni; i risvolti e le implicazioni, però, di questo aspetto della sua scrittura mi pare siano alquanto originali e meritino dovuta attenzione.

Negli anni Settanta l’attività del laboratorio francese raggiunse anche altri scrittori italiani (Eco e Almansi, per esempio), avvertendosene gli echi e le influenze in alcune riviste letterarie come “il Caffè” di Giambattista Vicari; ne sono testimonianza il contributo di Anna Busetto Vicari (Calvino al “Caffè”), che ripropone alcune pagine di quella rivista riferentisi in particolare a Calvino, e quello di Paolo Albani (Calvino e i plagi anticipati) che offre indicazioni di quelle prime esperienze italiane precorrenti l’attività del gruppo italiano dell’Oplepo (nato nel 1990 con una denominazione anticipata dallo stesso Calvino).
Sui rapporti dell’Oulipo con la letteratura italiana è pure l’intervento di Marcel Bénabou, L’Oulipo tra Francia e Italia: l’esempio Calvino; il contributo di Brunella Eruli (La traduzione come furto con scasso) riguarda invece l’attività di Calvino volta alla divulgazione delle opere dello scrittore dei Fiori blu mostrando anche come la sua traduzione, oltre alla conoscenza dell’opera e del pensiero dello scrittore francese, riveli anche gli esiti della polemica di Calvino nei confronti della lingua parlata difesa da questi.
Le influenze dell’esperienza oulipiana nella scrittura di Calvino sono al centro del contributo di Raffaele Aragona che ne ripercorre le fasi sottolineandone gli aspetti significativi, compresi quelli che hanno dato nel séguito origine a critica.
Frutto delle sue frequentazioni dell’Oulipo è certamente la concezione di alcuni libri di Calvino. “Oulipiano” è, infatti, il principio della potenziale molteplicità del narrabile, che sta alla base de Il castello dei destini incrociati. È anche “oulipiano” l’espediente “cornice” utilizzato per legare i vari brani di Se una notte d’inverno un viaggiatore, dieci inizî di romanzi che sviluppano un nucleo comune nei modi più diversi. Se una notte d’inverno… è per molti versi ricorrente nei saggi di Valérie Beaudouin (Se una notte d’inverno… e i “Voyage d’hiver”) e Piergiorgio Odifreddi (Se una notte d’inverno un calcolatore).
Della combinatoria alla base della scrittura di Calvino tratta il testo dell’oulipiano Paul Braffort, Italo Calvino o il guerriero rigoroso. Italo Calvino e il gioco di parole è il titolo del contributo di Matteo D’Ambrosio che insiste su come la parola giocata sia un’utile restrizione per il testo.
A Francesca Serra tocca delineare una diversa potenzialità dello scrittore Calvino (Potenzialmente): la potenzialità andava per Calvino a braccetto con la scrittura. Fin da quella mitologia del primo libro, che faceva dello scrittore non ancora diventato scrittore la più seducente allegoria del potenziale. Da qui il felice incontro con le teorie dell’Oulipo, che lo portano a scrivere il romanzo che non finisce mai di iniziare; ma anche il perpetuo rimorso per quello che potenzialmente Italo Calvino come scrittore avrebbe potuto o dovuto essere, e non fu. Domenico Scarpa, invece, traccia una sorta di bilancio della scrittura calviniana (Coerenza e potenza: profitti e perdite): è possibile far coesistere ‘coerenza’ e ‘potenza’? È possibile, di volta in volta e di libro in libro, affidarsi all’una oppure all’altra? Cosa guadagna uno scrittore, e che cosa perde, nel cambio?
Le città invisibili sono al centro del contributo di María J. Calvo Montoro: Le città invisibili: prosa con metamorfosi per il nastro di Möbius. Le Strategie autobiografiche in Calvino sono invece oggetto dello scritto di Giovanna Lombardo.    
Jacqueline Risset continua la serie di questi saggi con il suo scritto Per una poetica della leggerezza, nel quale rivela tutte le potenzialità della scrittura di Calvino adombrate nella seconda delle Lezioni americane, quella, appunto, sulla “leggerezza”. Calvino e la ricerca dell’Oulipo semantico è il titolo del testo di Jacques Roubaud che analizza il percorso di Italo Calvino in tale àmbito.
Nella notte tra il 18 e il 19 settembre 1985 Calvino si spegne e la raccolta si chiude con un commosso scritto di Harry Mathews, La camera ardente, che rievoca quei giorni.