La leggenda di domani

La leggenda di domani

copertina
anno
2007
Collana
Categoria
pagine
88
isbn
978-88-8176-871-4
11,40 €
Titolo
La leggenda di domani
Prezzo
12,00 €
ISBN
978-88-8176-871-4
nota
Premessa di Cesare Segre Postfazione di Anna Longoni
Fra Otranto e Santa Maria di Leuca, Paola, sedicenne orfana milanese, fugge dal convento e chiede ospitalità al pescatore mastro Oronzo; nella sua casa, Paola cresce figlia tra i figli. Arriverà un ingegnere torinese a portarla via, per sposarla, da quella che oramai è la sua terra.
 
Scrive Cesare Segre nella Premessa:
La polarità Milano-Salento, in cui la protagonista di questo racconto si muove, è una costante della vita e dell’invenzione letteraria della Corti.
L’avvio è bellissimo. Sembra che l’autrice si sia innamorata del Salento e abbia cercato di ricrearlo usando le sue parole.
La leggenda di domani, oltre ad essere complessivamente un bel pezzo letterario, ci porta nel pieno dell’attività narrativa della Corti, e forse ce ne scopre qualche criterio.
Così la Corti continua ad essere maestra anche con questo racconto chiuso in un cassetto.
                      
 
 
Maria Corti (1915-2002) è stata considerata la signora delle lettere italiane, sia per i suoi fondamentali studi di teoria e di storia letteraria, sia per la sua produzione narrativa, sia infine per la sua attività di critica militante.
 
Incipit
 

Come un demonio fischia il vento tra le rocce che vanno da Otranto a Capo Santa Maria di Leuca; i cespugli di finocchio selvatico sulla scogliera si contorcono e il vento li batte, li batte e nella risacca trascina via tutte le acque del mare, sì che la terra mostri il suo corpo nudo.
Calmati, vento, non posso camminare.
Ora fa schioccare fruste: “Io vado – dice – per sentieri sassosi, e non chiedo riposo, il sasso non chiede di essere stella, e tu? Che cosa vuoi di diverso dal tuo destino?”
Ma lei cerca una masseria, che le dia cibo e un letto per la notte; da tre ore fugge sulla scogliera con i nastri della paglia di Firenze che le roteano davanti alla faccia e il terrore che qualcuno la raggiunga; che farebbe allora? Non le resterebbe che buttarsi in mare e annegare; la ripescherebbero dopo lo scirocco. Si figura l’episodio. Poi di lei non rimane che una lastra di marmo e nessuna possibilità di essere riammessa nella vita.
A questo punto ode un passo alle sue spalle.
Un vecchio pescatore a piedi nudi sale, con una cesta di pesce sotto il braccio; va per una traccia di sentiero, segnata da infiniti piedi nudi sulla roccia, escludendo dal suo corpo il vento, i sassi appuntiti e qualsiasi segno di scomodità naturale; le piante dei piedi gli si espandono per terra, illese. Giuntole vicino si ferma, guarda lei, gli scogli, di nuovo il sentiero. «Buon vespro a Signoria» dice.
«Buon giorno» lei risponde. Vede due grossi dentati dalle squame bianche che protestano con la coda contro chi li ha chiusi in un cestino. Ora lei teme che il pescatore se ne vada: «Avete fatto una buona pesca» gli dice.
«Signorsì» egli risponde con una sorgiva calma tra le spalle. «Quando è tramontana, si pesca bene verso Tricase e Castro; quando è scirocco stanno bene quelli di Otranto.» Alza la testa e si vede la poderosa nuca piena di pelurie; indi prosegue lento, con una straniera calma e il passo cadenzato si allontana sui ciottoli. Lei lo raggiunge: «Mi potete ospitare questa notte?»
«Nella mia masseria? Ti sei perduta?»
«No, non mi sono perduta.» Egli attende con calma, senza curiosità. Si guardano in silenzio, lei dice: «Sono fuggita dal convento di S. Fortunata.»
Nessun segno di protesta; il pescatore scuote solo leggermente quel suo capo, pieno di pelurie e proveniente da lunghe generazioni di uomini, vissuti in attesa dello scirocco e della tramontana, per regolare su essi i loro pensieri e le loro faccende.
«È a dodici chilometri, sei venuta a piedi sin qui?»
«È un giorno che fuggo.»
«La masseria di S. Damiano non chiude la porta a nessuno» dice «ma perché sei fuggita?».
«Non potevo più vivere là.»
«Non hai un padre e una madre?»
«No.»
«Fratelli?»
«No.»

«Che Iddio ti protegga.»