Patrizia Barbuiani vive fra Lugano e Monaco alternando l’attività letteraria con quella teatrale. Per la narrativa ha avuto in Italia significativi riconoscimenti. Suoi testi teatrali sono stati rappresentati con successo in Pakistan, in Iran, in Asia, in America e in Russia. Gli ultimi due, tradotti in tedesco, hanno esordito in Svizzera e in Germania.
Incipit
le mani manipolano le mani maneggiano le mani manovrano mani smaniose mani maniache mani mansuete le mani manomettono le mani manifestano le mani antiche zampe sviluppatesi per la presa per difendersi per offendere per manoscrivere mani infantili mani cresciute mani rugose mani vissute mani uniche con uniche impronte mani che si leggono dalle linee della mano mani che danno e che tolgono la vita mani che amano parlano argomentano negano e concedono quelle mani che hanno dato e ricevuto quelle mani nascondono un segreto
Le porte un po’ contorte stanno a guardia di soglie. Simili a sentinelle rigide e impettite in attenti sui battenti osservano con l’unico occhio vigile l’avvicinamento di possibili nemici. Messe in rango ai lati del lungo corridoio sono pronte a dare l’allarme in caso di un attacco inaspettato con trilli di campanello elettrico. Davanti ai loro zerbini impeccabili e in ordinata sequenza sfila il portinaio in uniforme conforme alle sue mansioni. Passa in rassegna il suo plotone ligneo ad ogni piano e in caso di un difetto provvede a riparare lucidare perfezionare le sue creature incastrate nelle murature. La fortezza difende personaggi influenti e la loro privacy in appartamenti prestigiosi con vista imprendibile e rifiniture di lusso.
rifinire infinitesime fisime col lusso a più non posso a ridosso dello spreco bieco che almeno appanna il vetro della vita
Le porte marciano impercettibili sul posto in avamposto pronte al chi va là diretto all’intruso che osa avvicinarsi senza appuntamento o previo annuncio o dietro compenso. Le pareti spoglie inframmezzate alle entrate parate con legno spesso e maniglie dorate sono bianche senza macchia né paura.
Di marmo il pavimento che si stende davanti alle porte accorte cui nulla sfugge attraverso lo spioncino messo a guardia come l’occhio di un ciclope ancora in fasce. Vigila attento acciocché non si ripeta il ladrocinio di achei di passaggio venuti a depredare terre protette dagli dei.
Tutto tace al sesto piano del condominio.
un condominio è di dominio chi domina è domino e indomito doma
Tutto sta nella norma che scandisce le giornate le settimane i mesi e gli anni. Il pianerottolo sa che oggi di lunedì nulla ha da sfilare davanti a quelle entrate un poco assopite. Giornate investite di nulla da farsi, nulla da aspettarsi, nulla di cui preoccuparsi. La partitura con ritmo da sepoltura indica una pausa interminabile fra le note della domenica e quelle del sabato successivo e suggella il quieto vivere fatto di sonnolenza, immobilismo e intontimento.
Il suono improvviso del motore dell’ascensore in movimento irrompe come grida d’assalto di barbari e tromba d’adunata.
Lo scatto è di prassi in caso d’allarme. Le porte passano in rassegna il da farsi. I cardini trattengono il respiro, le maniglie si barricano dietro un sorriso forzato, le serrature si stringono nei meccanismi di difesa, i campanelli si accordano con strida e grida. E gli spioncini insonnoliti si spalancano e si fissano sul punto più lontano quello più temuto quello di una possibile avanzata.
Un mormorio di passaparola fluttua di soglia in soglia.
Una mano imprime la rotazione alla porta dell’ascensore. La mano immobile attende il resto del corpo mentre l’atrio in preallarme trattiene il fiato. Una luna artificiale pallida splende e pende dal soffitto dell’abitacolo fermo al sesto piano. La mano abbandona il freddo metallo e si avvia nel lungo corridoio marmorizzato come in avanscoperta un esploratore solitario controlla le postazioni nemiche. La porta si richiude e le zanne inghiottono il nulla con un suono secco. L’ascensore s’acquieta e rimane a riposo come un cane da slitta che attenda devoto il ritorno del padrone. E invece basterà un qualsiasi fischio elettrico perché il cane si precipiti verso altri piani e scodinzoli ad altri estranei e li traini fedelmente finché s’accuccerà di nuovo e di nuovo prometterà fedeltà per rinnegarla al primo pulsante schiacciato da impronte digitali non archiviate.
Pronte alla carica le porte scalpitano sul posto ormai indisposto per l’avanzata di un intruso. Il dorso eretto trascina una figura slanciata dal portamento regale e il dondolio provocato dalle ancate è sottolineato dal pendolare di una coda scura che scende fino all’altezza delle scapole. Onde naturali fasciano il capo e la loro lucidità si riflette sotto le lampade alogene che sormontano le entrate degli appartamenti in attenti sui battenti. La testa reclinata cerca una targhetta precisa. La figura avanza in quel corridoio che opprime come nodo scorsoio. Le braccia rilassate sui fianchi sono d’un pallore candido.
pallore d’uno splendore esemplare come dea greca marmorea al bagliore lunare
In stato di difesa le soglie si ritirano per rendersi invisibili e inservibili. Gli zerbini preparano attacchi a sorpresa calibrando le setole rigide come irsute armi bianche. Le porte fattesi un poco smorte per l’avanzata del nemico si stringono nelle retrovie.
Il suono ritmato dei tacchi color panna si spegne davanti all’ultima porta. Sulla targhetta lucida è inciso il cognome Bellocci e un nome, Ada.
nome gnomo del cognome a volte innominabile
La mano destra si solleva lentamente. Le dita sono lunghe e affusolate. Le unghie di media lunghezza sono laccate con colore trasparente.
Il polso è sottile.
Il pollice arcuato.
La mano non porta gioielli. Al polso nessun braccialetto. Risalta soltanto quel pallore etereo che sprigiona da quella mano nuda e ben curata.
Nello stato di allerta per il nemico in prossimità di tiro si attendono ordini.
spada tratta per difendere l’appartamento prima dello sfondamento
L’indice si appoggia sul pulsante di un campanello circolare.
Un suono breve e incisivo annuncia la visita. Allarme dato si attendono ulteriori sviluppi.
Dopo un attimo di silenzio rumori sommessi sopraggiungono da oltre la porta. Gioco d’ombre allo spioncino. Lo stridio della serratura forzata dalla chiave indica la scelta.
bandiera bianca per un assedio senza rimedio issa l’entrata ormai defraudata
La porta si spalanca illuminando nel fascio di luce la figura di spalle al corridoio.
Le soglie in attenti sul corridoio esalano un leggero sospiro di sollievo. Falso allarme. Pericolo allontanato. Pare che il nemico fosse atteso, conteso, preteso.
Una voce vellutata penetra nell’appartamento e si diffonde come un eco nell’atrio marmoreo.
Sono la stiratrice.