Le Encantadas o Isole Incantate

Le Encantadas o Isole Incantate

sottotitolo
a cura di Cristiano Spila
copertina
anno
2010
Categoria
pagine
152
isbn
978-88-6266-010-5
13,30 €
Titolo
Le Encantadas o Isole Incantate
Prezzo
14,00 €
ISBN
978-88-6266-010-5

Nati come racconti d’avventura e di caccia, i frammenti narrativi di The Encantadas or Enchanted Isles, pubblicati nel 1854, rappresentano una svolta nella carriera di Melville.
Esaurita l’enorme impresa di Moby-Dick, lo scrittore realizza un preciso progetto narrativo fatto di dieci sketches che intrecciano storia naturale e meditazione morale, geografia e marineria, racconti di pirati e storie di naufragi.
Le Isole Incantate, ossia l’arcipelago delle Galápagos, sono lande deserte e selvagge, circondate da un mare che non è più frontiera aperta, ma circuito di acque chiuso e labirintico, dove vivono creature mostruose, come le iguane o le enormi tartarughe terrestri, e si intrecciano storie di bucanieri, di navi fantasma e di relitti.
The Encantadas
, a metà fra reportage e racconto, documento e invenzione, è un’opera di conflitti e di lotte, che svela un autore pensoso e ironico, luttuoso e sognante, straordinariamente moderno.
 

 

 

Cristiano Spila si occupa di temi e generi letterari. Ha collaborato alla Letteratura italiana dell’Einaudi (2000) e al Dizionario tematico della letteratura UTET (2007). Tra le sue pubblicazioni più recenti Mostri da salotto. I nani fra Medioevo e Rinascimento (Liguori 2009) e Nuovi mondi. Relazioni, diari e racconti di viaggio dal XIV al XVII secolo (BUR 2010). Sua la traduzione del Mundus novus di Amerigo Vespucci (Città Aperta 2007).

 

Incipit

Primo frammento

Le isole al largo
 
Prendete venticinque mucchi di cenere, gettati qua e là su un terreno ai margini della città, immaginate che alcuni di questi si innalzino come montagne, e che il terreno sia il mare, e avrete un’idea adeguata dell’aspetto generale delle Encantadas, o Isole Incantate. Un gruppo di vulcani spenti più che isole, molto simile a quello che potrebbe essere il mondo dopo una conflagrazione punitiva.
Si può discutere se qualche posto sulla terra regga, in desolazione, il confronto con questo arcipelago. Cimiteri abbandonati da tempo immemorabile, rovine di vecchie città crollate in pezzi sono immagini abbastanza malinconiche; eppure, come ogni cosa che abbia avuto rapporti con l’umanità, esse risvegliano in noi alcuni pensieri di simpatia, anche se tristi. Così, anche il Mar Morto, insieme ad altre emozioni che può ispirare, non manca di suscitare nel pellegrino sentimenti spiacevoli.
In quanto a solitudine, le grandi foreste del nord, le distese di acque mai navigate, i campi di ghiaccio della
Groenlandia rappresentano le solitudini più profonde per un osservatore umano; eppure la magia delle mutevoli maree e delle stagioni ne mitiga il terrore, perché, seppure non visitate dall’uomo, quelle foreste sono pur sempre visitate dalla primavera, e i mari più remoti riflettono stelle familiari come fa il Lago Erie; e nell’aria pura di una luminosa giornata polare, il ghiaccio azzurro irradiato dal sole mostra la sua bellezza di malachite.
Ma la speciale maledizione, chiamiamola così, delle Encantadas, che le esalta in desolazione sull’Idumea e
sul Polo, è il fatto che non mutano mai né di stagioni né di afflizione. Tagliate dall’Equatore, ignorano l’autunno come la primavera, mentre, ormai ridotte a scorie di fuoco, la rovina stessa ne aggrava di poco la desolazione.
Gli acquazzoni rinfrescano i deserti, ma in queste isole la pioggia non cade mai. Come zucche siriane spaccate e seccate al sole, si screpolano in una perenne siccità, sotto un torrido cielo. «Pietà di me», sembra implorare lo spirito lamentoso delle Encantadas, «mandate Lazzaro che bagni la punta del dito nell’acqua e mi rinfreschi la lingua, perché mi tormento in questa fiamma ».