Le stelle sono zitelle

Le stelle sono zitelle

copertina
anno
2006
Collana
Categoria
pagine
152
isbn
88-8176-853-4
15,20 €
Titolo
Le stelle sono zitelle
Prezzo
16,00 €
ISBN
88-8176-853-4
nota
Prefazione di Tullio De Mauro
Storie di donne apparentemente ingenue e sprovvedute dove la realtà è anche allegorica e l’ironia è intima consapevolezza. Scrive nell’introduzione Tullio De Mauro: “Un arazzo non geometrico, ma figurale, delicatamente trapunto di immagini di personaggi vestiti di varia foggia, di colori, di paesaggi agresti, di cieli, luci, oscurità notturne”.
 

Alessandra Mattioli è nata a Montefalco (Perugia) e vive a Roma dove si è laureata in Lettere e lavora presso l’Università La Sapienza. Ha scritto racconti su riviste e, per Empirìa, nel 1998 la raccolta Separazioni. Ha avuto significativi riconoscimenti per la sua produzione letteraria.

Incipit

 

 

Le stelle sono zitelle

 

 

   Sara ricamava un pezzetto di tela di lino bianco che si colorava lentamente d’oro. I fili preziosi tanto erano sottili e trasparenti che non si vedevano pendere dall’ago, cosicché di tanto lavoro alla fine della settimana si vedeva ben poco, ma quello accumulato dagli anni dell’infanzia faceva luccicare per intero il fondo del baule di legno scuro.
Fra molti anni la preziosa tela, formata dai piccoli pezzi cuciti tra loro, avrebbe illuminato l’altare della Basilica, e sotto le luci delle finestre dai vetri colorati, il suo luccichio avrebbe abbagliato i fedeli in processione, meravigliato il loro sguardo, allargato il loro cuore, aprendolo alla fede nel Paradiso.
Lei era la prescelta tra le donne del paese per il ricamo della tela, un compito per tutta la vita che non le avrebbe consentito altre fatiche e altre gioie, costringendola innanzitutto a restare zitella, ma le avrebbe anche dato un raro privilegio: essere indimenticabile oltre la vita. La sua anima sarebbe volata diritta in cielo a brillare tra le stelle, per la gratitudine di qualche angelo, simile a quelli sulla tela, con le ali in rilievo precise nelle più piccole piume, tanto che Sara stessa proteggeva il suo lavoro dal vento, nel timore che le scompigliasse.
Lavorava sui gradini di casa e non alzava gli occhi al passaggio dei rari contadini che si avventuravano per caso in cima alle colline. E nessuno di loro avrebbe voluto distoglierla da quel lavoro che avrebbe reso immortale anche il paese. Il paese della ricamatrice della tela, avrebbero detto ancora fra molto, molto tempo.
Solo un forestiero avrebbe rivolto la parola a Sara, attratto forse dalla sua bellezza, dall’aspetto gentile, ma ancor più dal mistero che avvolgeva una ragazza isolata dal mondo, china sulle proprie mani.
Il giovane che si avventurò per quella salita, in autunno, era di un paese non lontano, ricco di famiglia e senz’altro lavoro che la pittura. Si rinfrancava lo spirito e lo sguardo sulla collina, quando si accorse di Sara. Era a cavallo e si avvicinò lentamente, pensando che avrebbe fatto il ritratto a quella ragazza coi capelli lunghi, con un vestito colore delle foglie rosse, che giocava con l’oro sotto il tramonto.
Sara lo vide ma continuò a cucire.
«Mi chiamo Giovanni» disse lui e sono un pittore.
«Io Sara» disse lei «e ricamo la tela del Paradiso. Questi sono i riccioli di un angelo e li voglio fitti sulla fronte.»
«È un lavoro lungo» osservò Giovanni.
«Ho tutta la vita per farlo» rispose Sara. «Poi forse andrò nel paradiso delle zitelle; sarò una stella.»
«Certamente» rispose lui «andrai in Paradiso. Se non farai altro che ricamare, ricamare non è peccato. Io invece vado in giro per il mondo e quando vedo una cosa che mi piace la dipingo.»
Sara lo guardò e sorrise anche lei. Era bello Giovanni, con gli occhi scuri che vagavano su di lei inquieti, bella era la bocca, morbida e calda la voce. Non sapeva niente di lui, però Sara pensò che l’avrebbe seguito ovunque un giovane così, se non fosse stato per la tela.
E riprese a ricamare i riccioli degli angeli.
«Io tornerò anche domani» disse Giovanni «porterò i miei arnesi per farti il ritratto.»
«Va bene» disse Sara, sentendo che c’era qualcosa al mondo oltre la tela.
Le tremarono le mani quando riprese il lavoro e un ricciolo scivolò impertinente sulla fronte dell’angelo. Inoltre lei, che non aveva mai fretta, desiderò che fosse domani. Chiuse gli occhi poggiando in terra la tela e le sembrò di vedere ancora Giovanni, anche se il rumore degli zoccoli del cavallo si era attutito e quasi spento in fondo alla valle.