L’odore delle chiavi

L’odore delle chiavi

copertina
anno
2009
Argomento
Collana
Categoria
pagine
160
isbn
978-88-6266-163-8
14,25 €
Titolo
L’odore delle chiavi
Prezzo
15,00 €
ISBN
978-88-6266-163-8
Una storia d’amore coinvolgente, come ricerca dell’altro per ritrovare sé. Una donna racconta e si racconta: nel risveglio dal grigio torpore di un’esistenza arida e abitudinaria c’è una forza istintiva che spinge a ri-nascere anche da una sconfitta.
Elsa Fanuli, salentina, è laureata in Economia aziendale. Vive a Roma, dove lavora nella fondazione d’impresa di una multinazionale. Da molti anni si dedica, con significativi riconoscimenti, alla narrativa. Questo è il suo secondo romanzo.

Ascolta l'intevista realizzata per la rubrica "MyboxTV Incontra" di MYboxTV su http://www.myboxtv.com/site/show.aspx?Cod=9494

INCIPIT
 
«Le chiavi! Dammi le chiavi! Sono mie e tu le hai portate via!»
Sobbalzo dalla sorpresa e un poco certamente mi spavento; tuttavia mi scuoto dai pensieri in cui sono assorta. Anche perché, a dire la verità, non sono dei gran pensieri e forse è meglio buttarli via, lontano da me, alla prima occasione.
Tutto sommato, la frase che ho appena udito sospesa nell’aria, che ha interrotto il mio calcolo, è benvenuta. Inquietante, ma benvenuta.
Anzi, in realtà, stavo quasi aspettandola questa interruzione, con l’aria inconsciamente consapevole di chi si aspetta che accadrà qualcosa proprio quel giorno, proprio alla sua vita. Allo stesso tempo non ho la minima idea di cosa sarà, né tanto meno so se si tratterà di qualcosa di positivo, ad esempio una gradevole sorpresa; di neutro, giusto un argomento di conversazione con gli amici davanti ad un caffè, del tipo “sai, è successo che…” oppure “era l’ultima cosa che mi potevo aspettare, ora ti dico cosa mi è capitato…”; oppure di negativo, al punto da maledire, in futuro, l’ora e il momento in cui è accaduto, da desiderare ardentemente di tornare indietro nel tempo.
Non lo ho visto arrivare.
Sono seduta, apparentemente tranquilla, su una panchina spoglia nello spiazzo che circonda il palazzo di vetro brunito dove lavoro e lo separa da altri palazzi simili ad esso ed altrettanto anonimi.
Ogni giorno lavorativo, durante la pausa per il pranzo, se le condizioni meteorologiche lo permettono, esco a prendere una boccata d’aria in questo luogo squallido. Nel mio inconscio di tranquilla impiegata quest’ora d’aria, anzi, per la precisione, poco meno di un’ora, è quasi una necessità, come per i carcerati. Proprio come loro sono costretta a spenderla in uno spazio spoglio e senza vita, una specie di “non-luogo”.
Intorno al complesso di palazzi di vetro brunito cui il piazzale appartiene, infatti, c’è solo il nulla: distese di campi incolti senza l’ombra di una casa, di una strada; solo la ferrovia metropolitana abbraccia questo posto nell’orbita della grande città.
Durante l’intervallo per il pranzo di questa giornata uguale a tante altre, mi è venuto in mente di fare un bilancio della mia vita. Così, su due piedi.
Ma non sono portata per questo tipo di operazioni. Ed infatti, i conti non tornano mai. Scandisco ogni singolo elemento, lo soppeso nella mente con attenzione e mi sembra consistente. Poi quando tiro la somma, i conti non tornano, il risultato non è soddisfacente. E allora, pur di non dover ammettere che il bilancio della mia vita non quadra, sto per ricominciare da capo.
È un gioco perverso, senza fine. Non so perché sto consumando la mia pausa pranzo in questo esercizio sterile che mi impegna e mi intristisce.
Lo sto facendo e intanto mi sento così, come in attesa.
La frase, così brusca e accusatoria, non può essere diretta a me, è evidente. Deve essere arrivata qui, alle mie orecchie, per caso, durante il suo invisibile percorso nell’aria. Però, almeno, ha interrotto il circolo vizioso delle mie riflessioni, bloccando l’ingranaggio impietoso che ho messo in moto pur sapendo di non riuscire poi a fermarlo.
Mi guardo attorno, incerta, cercando il destinatario delle parole che si sono appena dissolte nell’aria. Ma non c’è nessun altro e sicuramente l’uomo, lì, a pochi passi, sta rivolgendosi a me.