L'ombra che intorno riunisce le cose

L'ombra che intorno riunisce le cose

copertina
anno
2008
Collana
Categoria
pagine
128
isbn
978-88-6266-042-6
13,30 €
Titolo
L'ombra che intorno riunisce le cose
Prezzo
14,00 €
ISBN
978-88-6266-042-6
In un complesso sistema di condensazione di forze, L’ombra che intorno riunisce le cose custodisce lo spirito dei luoghi di una Val Trebbia romana, pagana, monastica, ma anche terra di transizione e di frontiera.
E tuttavia, nel dissolvimento di un’identità originaria, nel rifluire di voci rasoterra, dallo zero, dalla cenere che il fuoco ha lasciato, la poesia densa e stratificata di quest’ultima raccolta di Francesco Macciò è anche memoria di un dono, riflesso di una visione che non si specchia in se stessa, ma dice tutto il suo disagio e il suo splendore.
Francesco Macciò è nato a Torriglia, vive a Genova dove insegna in un liceo. Ha pubblicato narrativa, versi, contributi critici su riviste e antologie, la raccolta di poesie Sotto notti altissime di stelle, con introduzione di Luigi Surdich, nel 2003 e, con l’eteronimo di Giacomo di Witzell, il romanzo Come dentro la notte (Manni 2006).

PRIMI VERSI

Su parole di Ilaria



«Con te solamente io sarei

sabbia creta un vento festoso

radente quasi privato

nel fragore di un secolo

o di un’ora, nel silenzio

che inganna pungente

la paura…

E così non ti dar pena

dei giorni andati in fretta

giorni d’erba o di foglie

indistinti e leggeri come altri

che saranno se saranno…

Sarò con te il tempo nostro

di rotondità infinite

quando un fuoco ci consumi

o una vena inguaribile di sete…»



E volevi continuare distratta

a bocca chiusa dire l’amore

che scoprivi quando in noi…

ma non erano più parole tue

e a calmare l’arsura

non bastava l’aroma del sidro

che riempiva la stanza, la mente

lenta ibernica atlantica,

non bastava nella sera

un nastro verde fra i lunghissimi

capelli sciolti fino alla cintura…



A filo di un vento muschioso

di acqua e di piombo sulla scogliera

i tuoi passi lenti

in punta di piedi

i tuoi passi chiusi a difesa.





Per aequora



Di un tronco nodoso

il riflesso lungo la sfera

più chiara dell’acqua,

tra le palpebre stanche

a filo sull’acqua il riflesso

di un tronco ritorto

che al largo scompare…

la Colchide d’oro, il taglio

di ghiaccio dei monti di Atlante.



Al largo le sierre innevate

le creste celesti cerchiate

di ghiaccio, mentre risale

grumosa la sera nell’occhio

più bianco del lago.





Compresenze



Ticchettìi di voci, muffe di suoni

e di terre, occhi grondanti

su fasci di parole lette

e rilette. Ticchettìi…

che scattano nel verde

madido delle fronde,

in un lampo fruscìi

nel blu dei suoi capelli…



Dal nido buio il tonfo

di una taccola e pioggia

pioggia in pieno volto

in pieno giorno estivo

nel blu dei suoi capelli

di un sole corvino. E labbra

niente altro che labbra

alle porte vinose di una casa-

matta che ancóra brucia…



Un Memento e altri fantasmi

di sentenze: un salire di insetti

sui muri di calce sbreccati

come idee. Serpi in fuga

dalle lastre smosse,

tra i salteri sul sagrato

disfatti. E un vetro, un vetro

di carlinga che stemperavi

di nomi e di promesse…



Nel ghiacciato lunare

di una stalla, nella greppia

sbarrata da una croce

il congegno armato pronto

a scattare in un nido di fieno.

Senza scampo per i ghiri

grigi della Tecosa.