Masterà

Masterà

copertina
anno
2007
Collana
Categoria
pagine
144
isbn
978-88-8176-931-5
14,25 €
Titolo
Masterà
Prezzo
15,00 €
ISBN
978-88-8176-931-5
Storie brevi e forti, un viaggio dentro una Russia di inizio millennio che cambia troppo in fretta per l’occhio stanco dell’Occidente.
In uno scenario coinvolgente convivono esplosivamente sedicenti meccanici, geniali accordatori di pianoforte, banditi arrembanti, risolutori di problemi, fantasmi di scrittori, scrittori fantasma, donne dalla sconvolgente bellezza, cacciatori di mogli, occidentali senza scrupoli, bigliettaie eroiche, seducenti millantatrici, turisti del sesso, tram sfasciati, automobili lussuose, ingegnosissimi scarafaggi, magnifici palazzi imperiali… e altro.
 
Fabio Marcotto è nato a Bolzano. Ha vissuto e lavorato in Germania e Russia. Ha pubblicato la raccolta di racconti Bar Duce e il romanzo breve Vino dentro, dal quale il Teatro Stabile di Bolzano ha tratto un monologo rappresentato in Italia e in Russia.

Incipit
 

Il suono della lingua finlandese
 
 All’aeroporto di San Pietroburgo sono arrivato in anticipo anche lunedì pomeriggio. Di solito bevo un caffè seduto dietro il grande vetro che dà sulla pista di cemento. Poi faccio un giro per il negozio duty free. Mi piace confrontare i prezzi delle cose che il giorno dopo vedo anche nei negozi italiani. I sigari Romeo y Julieta, il Chivas Regal, le creme della Biotherm.
Sul mio volo il tabellone elettronico dava un’ora e mezzo di ritardo. Ho preso un giornale e mi sono seduto su una delle sedie di metallo nella sala centrale. C’erano trenta o quaranta persone, tutte in attesa del volo per Vienna. Quasi tutti russi, qualche tedesco, qualche americano.
Ma quello di fronte a me era italiano. Non l’ho riconosciuto dalle scarpe, che di solito sono la prima cosa che guardo. A San Pietroburgo quasi tutte le scarpe sono italiane o disegnate secondo modelli italiani.
Ho riconosciuto la faccia, soprattutto lo sguardo. Troppo diversa da quella dei russi o degli altri stranieri sul Nevskij. Solo con gli spagnoli ti puoi sbagliare, gli spagnoli sono gli unici che a San Pietroburgo possono sembrare italiani.
L’ho osservato forse con un po’ di insistenza. Lui se n’è accorto e mi ha sorriso. Allora mi sono alzato e sono andato a sedermi sulla sedia alla sua destra.
«Posso?»
«Ma certo, si figuri.»
Abbiamo fatto le solite chiacchiere ma poco dopo il discorso si è esaurito. Anche lui, mi sembrava, sentiva il vuoto di quelle parole di circostanza.
Ce ne siamo stati seduti in silenzio per una decina di minuti. Poi il tabellone ha aggiornato il ritardo di un’altra ora. E così questa volta ha inizato a parlare lui.
Mi ha detto che era un industriale di Milano ormai vicino alla pensione. Si trovava in Russia per una donna che aveva conosciuto alla festa di compleanno di suo fratello che commerciava a San Pietroburgo. Il fratello vendeva scarpe. La donna faceva la contadina e l’allevatrice. Di professione in realtà era chimica presso un laboratorio statale, ma la sua vera passione erano la dacia e gli animali da cortile.
A questo punto dalla tasca interna della giacca ha tirato fuori un portafoglio. Dal portafoglio ha tirato fuori una fotografia e me l’ha messa in mano. Si vedevano un giardino curatissimo con l’erba tagliata all’inglese, un piccolo stagno con delle ninfee e, sullo sfondo, una casetta di legno con due grandi finestre quadrate.
L’industriale mi ha detto che quella era la dacia della donna. La più bella dacia che lui avesse mai visto; le dacie in Russia erano quasi tutte fatiscenti e tristissime. Ma questa aveva un giardino formidabile con una varietà di fiori impressionante. Certo, dentro, la dacia era poi quello che era. Senza acqua corrente, piena di mosche, di gatti e di quelle cianfrusaglie che lui aveva sempre odiato. E poi il gabinetto! Il gabinetto era praticamente un buco tondo in un asse di legno. Per fare i propri bisogni si doveva alzare un coperchio anche quello di legno e allora saliva un tanfo da tapparsi il naso.
Ma insomma quello della dacia era solo un particolare. Il fatto è che lui si era innamorato della donna. Perché la donna era una donna fantastica. Che lui aveva imparato a conoscere col tempo ma della quale si era innamorato al primo sguardo. Si chiamava Ioulia.