Una raccolta poetica come precoce testamento che non allude però, ad una fine: è un punto fermo, la poesia, da cui ripartire.
Scrive nella Prefazione Mauro Marino:
“Versi corti, scanditi dall’accapo, disegnano la pagina. Parole freccia attraversano il vuoto, fanno scortico nell’ossessione del nulla.
Vetrugno come un soldato costruisce barricate di parole…
La poesia svela, dice mancanze. Non c’è tregua per chi si alleva sensibile con i nervi accesi nella danza della vita… C’è da cercare, da fortificare l’innocenza: viene la paura, scontiamo patimenti, osiamo, ci facciamo clandestini, nascondiamo il coraggio e lo proviamo, continuamente lo proviamo, certi, nell’angolo degli esiti… diamo misura, ordine al verbo, inventiamo un codice all’irrequietezza”.