Racconti atalattici

Racconti atalattici

sottotitolo
a cura di Aldo Perrone
copertina
anno
2007
Collana
Categoria
pagine
256
isbn
978-88-8176-976-6
nota
Con un testo di Sergio Pautasso
Racconti atalattici si presenta come un volume dalla struttura sorprendentemente organica. La libertà inventiva del Brignetti scrittore di racconti è come la faccia nascosta del Brignetti romanziere, perché la misura del racconto è unità puramente tecnica e non di sostanza.
Sergio Pautasso

Il lettore è attirato dal coraggio dell’autore che guarda in faccia la vita senza tentennamenti e senza rifugiarsi nell’utopia, dalla determinazione a squadernare la vita con le sue imprevedibilità e fatalità.
Aldo Perrone

 
 
 
INCIPIT

L’inviato speciale
 

“Resta da vedere” concludeva l’articolo “se l’Europa avrà ancora l’estro e i mezzi per mantenere questo fiore di stucco”. L’inviato rilesse l’articolo e al momento di firmarlo gli venne un’ultima frase. “Caso mai ci penserà l’America.”
Gli parve che la sua opinione su Montecarlo e la Costa Azzurra fosse completa. Dovrei anche telegrafare, pensò; sareb¬be un gesto delicato e appropriato. “Cara, a presto”, oppure: “Sarò, a Roma domani. Baci.”
Queste frasi gli davano l’impressione di essere un uomo dabbene, quieto e vecchio, che viaggia rimpiangendo la casa. Forse il miglior discorso era questo: “Brodo vegetale”, eccetera. Se non altro a casa avrebbero capito che gli sarebbe stato di giovamento apparire un po’ cagionevole, un poco a dieta. La perplessità per il brodo vegetale e quella per il luogo gli si fusero addosso mentre scendeva verso la stazione. L’inverno stava per finire. Turiste anziane forse inglesi, con cani, cammi¬navano lungo i giardini, riscaldandosi. Sembrava di essere su un palcoscenico, ma era una storia vera, muta e melanconica.
All’inviato venne in mente che mentre altrove succede¬vano a volte inondazioni, terremoti, qui nulla accadeva del genere; non ce n’era stato neppure uno.
Si sentì come sommerso e gelato dal mare; riebbe davanti i villaggi olandesi, fra onde salate e dolci, le carogne dei cavalli a zampe in su nelle acque grigie. Sto diventando isterico, pensò. Mi ci vorrebbe un periodo di riposo. Maledetti. Già: maledetti chi? Isterico. “Dal nostro inviato speciale…”
Alla stazione ricordò che doveva telegrafare. “Torno do¬mani.” Vide che gli avanzavano ancora dei franchi. Li consegnò tutti al tabaccaio. «Gitanes», disse. Ammucchiò le sigarette nella valigia pensando che quando si diventa perplessi e isterici qualcosa ci deve essere nel sistema nervoso che non va. Ad un tratto gli dispiaceva di aver spedito quell’articolo. Farò in tempo a correggerlo a Roma, pensò.
Si voltò. Si accorse allora che una donna lo stava a guar¬dare sorridendo. «Oh», disse poi la donna, «è una vera com¬binazione».
L’inviato finì di sistemare la valigia e la chiuse, prendendo tempo. Poi disse: «Non riesco proprio a ricordare. Dobbiamo aver ballato insieme qualche tempo fa, ma è difficile…»
«Augustus?»
«Può essere. Nel settembre scorso?»
La donna continuò a sorridere. «Parte?»
«Rientro in Italia. E lei?»
«Sanremo», disse la donna. Aveva un mantello color co¬gnac e l’inviato rammentava di averglielo visto anche prima. Poi rammentò che le aveva detto qualcosa a proposito della bocca, che era lunga e bella; gli era sembrata bella.
«Lei ha sempre la solita bocca», disse.
«Certo, sono ancora io», disse la donna.
«Ma è la cosa che ricordo meglio. Per questo gliel’ho detto. Il treno dovrebbe arrivare fra poco.»