Solstizio d’estate
Terzo classificato al Premio Alberona 2009
Ranuncoli e papaveri respirano impazziti
al vento del solstizio. La ginestra,
nel pieno del suo grido, glorifica l’estate:
gialli corimbi accesi scoscendono dirupi
fino alla spiaggia bianca, fino al mare.
È il momento in cui l’arco
già scocca la sua freccia e il tempo compie
il ciclo con apparente innocua perfezione.
Restare fermi ai bordi finché la freccia
arrivi al suo bersaglio e il sibilo sconfessi
la festa del solstizio? O perdersi nei gorghi
della corsa, ubriachi di pollini e di vento,
perché a correre e a compiere il sorpasso
forse il tempo ci grazia e ci consola?
Ancora un anno. E al centro del suo giro
ancora la frontiera del solstizio: l’estate
e i suoi miraggi. I miraggi e gli inganni.
Mi sottraggo alla logica del tempo
per non guardare al fondo l’occhio nero
del nemico che insegue. Ma manca il suo bersaglio
se la parola – lucida – affila le sue lame.
Segue la traiettoria della freccia.
Ne intuisce il percorso e lo scompiglia.
Esplode giugno. È il tempo che si espande
nella sua grazia tenera. L’estate che ritorna
e allarga a dismisura percezioni e promesse:
una luce di acquario che sorprende
per come si ripetono i suoi riti. Per come suono
arrivi e dal basso debordi. Ed ha fiato di mare
e sottili profumi di erba ai fossi.
Ancora voce chiama ed io rispondo.