Lo spessore progettuale di questi versi sembra dirigersi in modo compatto verso una implicita contestazione del canone. Contro l’attitudine alla riconferma di un compito consolatorio della poesia, Gilberto Isella sembra inasprire i caratteri di alterità di quello che in tempi non lontani poté essere un discorso affrancato e orgoglioso, con la sua essenza di luogo di custodia della contraddizione, dell’apertura di una parola contro.
Qui il discorso si arma, e letteralmente confligge, contro quel senso comune che da molte parti si vorrebbe fosse il collante convenzionale e trasversale che unisce il male e il bene, il buono e il cattivo.
Giorgio Luzzi
Gilberto Isella è nato nel 1943 a Lugano. Si è laureato in Lettere italiane e filosofia a Ginevra. È stato docente presso il Liceo e la Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana. È nella redazione di “Bloc notes” e collabora a quotidiani e riviste. Saggista e critico letterario, è traduttore dal francese. Ha esordito come poeta nel 1989. L’ultimo libro di poesie è
Corridoio polare, del 2006 (Book).
PRIMI VERSI
Guai a chi sorpassa la riga gialla
la rompe nel sonno
e innalza
il grappolo d’onde di una cetra
per finta lo getta nell’Ade
scuotendo lo spazio tranquillo
dei cani lanternai
che dicono ave, siamo noi
il tuo varco
Proprio su quella riga
su quella riva
su quell’orlo di vascello
Tutte le ipotesi relative al tempo
e allo spazio del demiurgo cattivo
che ci avrebbe urtato di notte
in un’umida roulotte
sembrano cattive
e confortano soltanto il ritmo
impagliato di Euridice
– zum zum – la vecchia volpe da viaggio
che ha due biglie verdi al posto degli occhi
per posarle negli angoli vuoti
nei ritagli del nostro vedere.