Uno che conta
Uno che conta
Giancarlo Tramutoli è nato nel 1956 a Potenza, dove vive. Ha studiato Lettere moderne a Napoli e lavora come cassiere in banca. Ha pubblicato libri di poesia (l’ultimo, del 2006, Versi pure, grazie, Manni Editori) e un romanzo per Fernandel nel 2001, La vasca da bagno. Collabora con testi creativi e critici a “Totem Magazine”, “Fernandel” e sui siti letterari di Vibrisse, Nazione Indiana e Books Brothers.
Per ascoltare l'intervista di Carlo D'Amicis a Tramutoli su Fahrenheit dell'1 giugno 2007: http://www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit/mostra_libro.cfm?Q_EV_ID=217603.
Incipit
Sto per dare il calcio alla sedia. Ci sono salito con un’intenzione precisa. Il collo è stretto da una corda dallo spessore adeguato al mio scopo. Squilla il telefono. Aspetto che scatti la segreteria. Ascolto il messaggio: «Sono Valentina Lanzetti della Mondadori. Mi può richiamare a questo numero? Grazie e a presto». Allento frenetico il nodo che già m’ha lasciato il segno. Mi precipito al telefono. Sì, sono io, proprio io, l’autore di Storie da camera (un romanzo breve, spedito praticamente a tutti gli editori d’Italia), ebbene la Mondadori, la numero uno, ha deciso di pubblicarmelo. Devo solo apporre il mio autografo sul relativo contratto e beccarmi il dignitosissimo anticipo accluso.
«Cassiere dammi un modulo per prelevare!» «Ragioniere mi fai un estratto conto?» Si rivolgono a me. Sono i clienti. A me che ho studiato lettere, che scrivo poesie ludiche, magnifici aforismi e c’ho un romanzo che sarà pubblicato fra tre mesi.
Squilla il telefono: è un collega che continua a chiamarmi anche se io non lo faccio mai. Lo assecondo. A lui non interessa proprio niente delle mie cose, vuole qualcuno che lo ascolti. Il guaio è che mi parla solo dell’ufficio. Veleno puro. Io che riesco a estraniarmi da quella roba tossica mentre ci sto dentro e lui che me la ripropina magari il venerdì sera o la domenica mattina. «Mica t’ho svegliato?», oppure: «Che fai?», «Guardo la partita in tv», e lui: «Ah, io mai. Il calcio non lo sopporto.» E giù con le sue ansie e nevrosi e le ipotesi e tutto quello che in genere io evito accuratamente di sapere. Ogni tanto mi alzo, vado a girare il sugo, a fare una pisciatina, a vedere se fuori per caso nevica. Ritorno e lui sta ancora lì a delirare. Non riesco mai a trovare una scusa per liberarmene.