Zia, cos'è la Resistenza?

Zia, cos'è la Resistenza?

copertina
anno
2003
Collana
pagine
80
isbn
88-8176-442-3
nota
Età: 12/15 anni

In questa intervista, rispondendo alle domande di un'immaginaria nipotina, Tina Anselmi spiega cos'è stata la Resistenza, le idee, l'organizzazione, le donne e gli uomini, le vicende personali e collettive. Corredano il testo ampie schede che contestualizzano ed approfondiscono gli argomenti e gli episodi chiave della Resistenza.

Incipit

Zia, perché la Resistenza ha combattuto il fascismo? Cos’è stato il fascismo?

Il fascismo è stato un’esperienza drammatica, iniziata dopo la Prima Guerra mondiale. Diciamo che l’Italia era entrata in guerra pensando di averne dei vantaggi e si è trovata invece a pagare dei conti salati, di quelli che si pagano sempre quando si combatte una guerra.
 Inoltre l’Italia aveva ancora da risolvere i problemi che riguardavano la situazione economica del Paese, le condizioni del mondo contadino, e chi governava si era illuso che avrebbe risolto quei problemi con la guerra: la quale invece li aggravò, alimentando tra l’altro un pericoloso nazionalismo.

 

 Quale clima si respirava durante il fascismo tra la gente, nelle famiglie, tra i giovani soprattutto?
 I giovani erano quelli che più risentirono del clima nazionalistico; il nazionalismo è un sentimento più che una risposta razionale, e i giovani ne erano fortemente influenzati e si sentivano incitati a protestare per la “vittoria mutilata” (in quanto nei trattati di pace all’Italia non erano stati attribuiti alcuni territori che essa rivendicava), a chiedere per l’Italia una “pace giusta” che secondo alcuni era la base per la creazione di un impero coloniale, immaginando che questa fosse la risposta ai problemi della nazione; e via via che i problemi si ingigantivano, prendeva forza la proposta, di creazione di un impero, della destra nazionalista.

 

 Zia, ho letto che le leggi fasciste impedivano alle persone di fare quello che gli sembrava giusto, addirittura di esprimersi liberamente, e che chi si opponeva al fascismo veniva perseguitato, mandato al confino o in prigione e addirittura ucciso.
I ragazzi, i giovani cosa pensavano di questo?
 Queste cose a dire il vero non le ho vissute perché ero troppo giovane allora. Io sono nata nel 1927, nel periodo di incubazione del fascismo, un periodo che non mi ha vista né protagonista né attenta a quello che succedeva in Italia, perché l’età non me lo consentiva.
La mia generazione ha cominciato a porsi delle domande quando, agli inizi degli anni Quaranta, ci siamo trovati a confrontarci con gli slogan con i quali il fascismo cercava di indottrinarci, con gli obiettivi e la cultura che cercava di inculcarci. La guerra, la Seconda Guerra mondiale, moltiplicava i problemi; sapevamo dei giovani che erano scappati all’estero per non andare alla guerra; via via che crescevamo ci domandavamo: “Ma davvero la guerra, la violenza risolve i problemi delle persone? Davvero è una politica corrispondente ai bisogni reali della gente?”
Il fascismo era nato con la violenza ed aveva portato la violenza in tutto il Paese, eliminando gli oppositori politici. La morte di Giacomo Matteotti fu l’esempio più clamoroso, voluta da un furore che Mussolini si assunse il diritto di indicare e ricordare al Paese come un gesto patriottico e nazionale. Ma non ci fu solo il delitto Matteotti; furono uccisi uomini perché erano iscritti a un sindacato o perché esprimevano dissenso verso quello che il fascismo stava facendo.