Donatella Tesi al terzo posto al Pen Club

Lunedì 4 Settembre 2006

Donatella Tesi al terzo posto al Pen Club

È stato assegnato ieri, nella piazzetta di Compiano (piccolo borgo dell'Appennino parmigiano), il Premio Letterario P.E.N. Club Italiano. Giunto alla XVI edizione, il riconoscimento è stato attribuito, dopo un emozionante «testa a testa», all'unico autore assente, Claudio Magris. Lo spoglio delle schede, con cui i soci del Pen Club hanno designato il vincitore fra i cinque finalisti, è avvenuto di fronte a un numeroso pubblico. Fin dall'inizio il presidente del Pen Italia, Lucio Lami, ha precisato che «Magris, che pure era già stato a Compiano nel 1999, come candidato al Premio, ha deciso da due anni di non partecipare più agli eventi letterari che prevedono una gara tra finalisti, sottraendosi recentemente al “Viareggio” e al “Campiello” ed ora anche al nostro premio. È una libera scelta che rispettiamo. Non abbiamo invece accondisceso alla proposta dell'editore di escludere Magris dalla cinquina perché nel Premio P.E.N. la selezione non è frutto di contrattazioni, ma delle scelte autonome dei soci».
Il libro con cui Magris ha ottenuto le 377 preferenze che gli hanno consentito di prevalere è Alla cieca (Garzanti). Dietro di lui Salvatore Niffoi (348 voti), con La vedova scalza (Adelphi), ha ritirato il premio in denaro che spettava al primo. A seguire Donatella Tesi (347 voti) con Il cancello chiuso (Manni), Pietrangelo Buttafuoco (339 voti) con Le uova del drago (Mondadori) e Giuseppe Conte (329 voti) con Ferite e rifioriture.

Nella corsa all'antipremio della letteratura italiana Donatella Tesi è partita come outsider: il suo Cancello chiuso (229 pagine, 20 euro) porta i colori di Manni Editore ed era certamente in svantaggio sui versanti della distribuzione e della promozione rispetto agli avversari che sfoggiano le insegne di colossi dell’editoria, quali Adelphi, Garzanti e Mondadori. Eppure, ieri, a Compiano, ai piedi dello storico castello, nell’affascinante borgo medievale della Valle del Taro che dal ’91 ospita il premio letterario «Pen Club Italiano», la scrittrice fiorentina ha tenuto testa fino in fondo agli altri finalisti, Pietrangelo Buttafuoco (Le uova del drago), Giuseppe Conte (Ferite e rifioriture), Claudio Magris (Alla cieca), Salvatore Niffoi (La vedova scalza). Alla fine Magris l’ha spuntata, mentre la Tesi si è classificata al terzo posto, dietro a Niffoi e davanti a Buttafuoco e Conte: comunque un successo per l’unica scrittrice finalista al prestigioso trofeo di Compiano.
Signora Tesi, perché ne Il cancello chiuso ha voluto rievocare ancora il suo rapimento del 1981?
«Nel libro accenno al mio rapimento perché è un’opera sulle donne della mia famiglia, a partire da mia madre, che adoravo e che era costantemente sospesa tra il reale e il sogno. Da lì sviluppò una nevrosi che l’ha portata al morbo di Alzheimer di cui è morta. Indagando su mia madre ho scoperto che mia nonna materna era morta in manicomio. Dunque, le malattie mentali sono costanti nella storia della mia famiglia e, oltre che per la loro natura genetica, ho sviluppato la convinzione che sono state accelerate dalla condizione di esclusione sociale e di segregazione che hanno vissuto queste donne isolate, cadute in profonda depressione per essere state abbandonate dai mariti. Nel secolo scorso, l’isolamento per le donne si presentava come una barriera, un terribile "cancello chiuso" che le teneva prigioniere».
C’è un punto di contatto tra la prigionia sociale delle due donne e la sua prigionia forzata?
«Sì, credo che la mia prigionia abbia chiuso il ciclo. Ma io ne ho potuto parlare, scrivendo un libro e, così, sfondando quel "cancello chiuso". Forse, non mi sono liberata completamente di quel dolore, ma almeno continuo a combatterlo con la scrittura che proprio quel dolore mi ha fatto scoprire».
Lei non partecipò al processo ai sequestratori e ci fu chi insinuò che non volesse accusare il suo carceriere con cui avrebbe avuto una relazione intima.
«Scrissi nell’87 Sindrome da sequestro proprio per spazzare via tante fandonie, documentando punto per punto i giorni del mio sequestro. Ci sono violenze molto più gravi di quella sessuale: quando per tanti giorni sei in una buca e non ti puoi muovere, subisci una regressione infantile a livello psichico e animale a livello fisico».

Paolo Calcagno su "IlTempo.it", domenica 3 settembre 2006