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Con l’istituzione ufficiale nel 2000 del Giorno della memoria, l'Europa ha scelto di affermare la centralità della Shoah come rappresentazione di un passato comune sul quale edificare la propria identità.
È stato un passo fondamentale, ma con il trascorrere del tempo si corre sempre più il rischio che il 27 gennaio si svuoti di significato, venga banalizzato, e che “andare ad Auschwitz” si trasformi in turismo dell'orrore.
Partendo dall’esperienza ventennale dei treni della memoria, sui quali le scolaresche (e non solo) vanno a visitare i campi di concentramento, Elena Bissaca ragiona sui modi di preservare e trasmettere la memoria ai giovani interrogandosi sul senso e l'efficacia delle iniziative di celebrazione.
Anche attraverso le loro testimonianze, Bissaca racconta come ragazze e ragazzi d’Italia vivono e recepiscono i discorsi sul passato, in che modo affrontano l'esperienza del viaggio e poi la ordinano e interiorizzano all’interno del proprio vissuto.
E fornisce delle indicazioni per affrontare al meglio il lavoro attorno al 27 gennaio evitando di cadere nel voyeurismo, di anestetizzarsi davanti alla tragedia dei campi di sterminio, o di leggerla come unicum del Male perdendo dunque l'occasione che ci parli anche dell'oggi.
Ne viene fuori un testo di educazione alla memoria, una riflessione su come la memoria possa costituire un sistema di valori e non solo una raccolta di ricordi.
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