Lo Skyilne del visionario Carrera, di Giovanni Dozzini
È un modo asettico e cinereo quello che costruisce con straordinaria lucidità Alessandro Carrera nel suo romanzo Skyline (Manni, 184 pp., 17 euro), una sorta di distopia angosciosa e angosciosamente prossima allo stato in cui versano al giorno d’oggi le società occidentali.
In questa sua enigmatica parabola ultramoderna Carrera è debitore della scrittura pulita e straniante di Paul Auster, e sembra di poter dire che lo sia dichiaratamente, fin dalla copertina che ricalca in maniera evidente quella dell’edizione italiana di Trilogia di New York, forse il massimo capolavoro dello scrittore statunitense.
La città infinita in cui la vicenda narrata si dipana è d’altronde una sorta di proiezione futuribile, se non di New York stessa, di ciò che New York rappresenta, è una sorta di capitale degenere e mostruosa del pensiero occidentale. Lo Skyline che ne regge e dispone le sorti è la speculazione materiale, la Cava in cui s’annida la melliflua massa dei cospiratori la speculazione intellettuale: potere e contropotere che si compensano, si appartengono, si nutrono l’uno dell’altra, entrambi sterili, fermi, immobili.
Quando l’intrico di acciaio e vetro e cemento dello Skyline è colpito a morte da un attacco di un non meglio precisato nemico venuto da lontano, venuto da fuori, quando lo Skyline comincia a bruciare come una nuova Sodoma punita dal cielo, il pensiero corre inevitabilmente all’11 settembre, all’idea di America, di Occidente e di futuro che quel giorno si sfaldò per sempre. I personaggi che abitano il romanzo e assistono impotenti alla nemesi finale sono uomini e donne senza nome a cui un nome viene assegnato per necessità e per simbolo, il protagonista è un uomo senza qualità apparenti che si muove sempre e solo per reazione, rispetto ai meccanismi di funzionamento dello Skyline, rispetto all’anti-pensiero del guru Saturno, rispetto all’inafferrabilità della moglie, un’Ada algida e dominante, quasi nabokoviana.
La storia è alienante e circolare, come circolare è l’antica leggenda che fa da perno all’intera società dello Skyline, la scrittura limpida, l’incedere da teatro dell’assurdo. Carrera è un visionario, e da quello che è probabilmente il massimo conoscitore di Bob Dylan (del quale ha tradotto tutti i testi per Feltrinelli) in Italia non ci si sarebbe potuto aspettare altrimenti.