Alessandro Morgillo, Mucca tagli@ta cavallino

12-01-2007

Incontro nella metropoli fra Elettra e Narciso, di Rossano Astremo

Un romanzo davvero sui generis questo di Alessandro Morgillo, napoletano trapiantato a Milano, che ha da poco dato alle stampe il suo secondo libro, Mucca tagliat@cavallino, edito dalla casa editrice salentina Manni.
La particolarità del libro non risiede tanto nella storia che racconta, quanto nella laboriosità dello stile adottato. Ma andiamo per ordine. Il libro racconta una giornata tipo della protagonista, Elettra, il tutto ambientato in una Milano lisergica e sfocata: il ritorno dalla Cina del suo amico Narciso, la descrizione di un rave party in cui compaiono personaggi bizzarri, e, poi, separate, ma in contemporanea, Elettra e la madre, Mamma Ogiva, impegnate a confrontarsi, tra continui deliri, con le quotidiane difficoltà di una realtà insopportabile, scandita da traffici e consumi frenetici.
Verso sera le due donne si incontrano per la cena in casa del padre della protagonista, Doppio Petto: la visione di Joelle, la migliore amica di Elettra, morta suicida, nella sua camera da letto, conclude il libro.
Trama minimale, che non inventa nulla di nuovo, divisa in dieci capitoli, ciascuno dei quali corrispondente ad una fermata della metropolitana di Milano, cui fa eco uno stile magmatico, ridondante, lirico, pieno di citazionismi, rimandi al mondo pubblicitario, televisivo, culturale, un montaggio di voci che sembrano recitare in playback l’omelia quotidiano della convulsa vita contemporanea. “centrando col Kebab il primo cestino sotto tiro, beve la Coca Cola light e si infradicia su una vecchia poltrona Sacco di Zanotta, accanto alla fermata della metropolitana, buttata lì nei pressi, con altre reliquie, in attesa che la portino via gli operatori dell’Amsa. Da un tavolo Tulipano di Knoll Elettra punta la telecamera ruotabile del vecchio cellulare sui passanti in fuga”.
Linguaggio di plastica che ottimamente delinea i personaggi che agiscono nella storia, figure dominate dal motto tanto caro ad Andy Warhol, secondo il quale è molto meglio comprare che pensare, sintesi della civiltà dei consumi che tutto divora senza dare nulla in cambio.