Alida Airaghi, Frontiere del tempo

08-03-2007

Il tempo per Airaghi: confini da esplorare, di Amedeo Anelli

Forse il limite maggiore di questo libro per altri aspetti impeccabile di Alida Airaghi, Frontiere del tempo, è quello di prendere l’avvio dalla Letteratura e di non mediare sempre dalla natura delle cose. Anche se quello che è in questione è ciò che più difficilmente è pensabile e poetabile: il tempo. Per questo ad un orecchio allenato ne risulta un’opera di stilizzazione le cui fonti e i cui “epicentri” sono generosamente enunciati dall’autrice. Di questi tuttavia non ci si è abbastanza dimenticati, secondo l’avvertenza metodologica tipicamente artistica e corporea: prima di operare tutto assimilare, ma al momento dell’operare tutto dimenticare, tutto digerire, tutto trasmutare. Per altro, sono versi di una notevole pulizia formale e di naturale capacità costruttiva, in questo senso nell’alveo dei “petrarchismi” novecenteschi. Ma sono versi che non riescono ad allargare l’orizzonte del pensabile e del dicibile, muovendosi nel pensato e nel detto. La raccolta è divisa in parti sussidiarie “Tempo di Dio”, “Tempo del cosmo”, “Tempo del mondo”, “Tempo della mente”, “Tempo mio” in una catabasi concettuale e poetica da “Nel suo non tempo” a “In te anima mia, misuro il tempo”. Diamone esempi: «Tutto è iniziato / in un giorno / che non aveva ieri. / Senza passato, / senza misteri. / E finirà / in un giorno / che non avrà domani. / Senza futuro, né tempi lontani»; oppure: «Non morirmi anche tu; / non prima / che abbia finito di esserci, / di pensarti. Mio pensiero, / lasciami almeno l’abitudine / preziosa e modesta / dell’attesa, la speranza / che qualcosa di noi, / sopravviva, in un tempo / smarrito, in un dove / straniero. / Ti prego: resta».