Anima e corpo di Tasso, di Mario Bonanno
Torquato Tasso soffriva più nell’anima che nel corpo: era affetto da turbe paranoidee, come le chiameremmo oggi. Si può evincere da una lettera (giugno 1583) vergata di suo pugno e indirizzata al medico forlivese Girolamo Mercuriale. I sintomi di un’affezione maniacale vi figurano in abbondanza, peraltro enumerati con la perizia propria allo scrittore che era:
“rodimento d’intestino, con un poco di flusso di sangue; tintinni ne gli orecchi e ne la testa (…) imaginazione continua di varie cose, e tutte spiacevoli: la qual mi perturba in modo ch’io non posso applicar la mente a gli studi per un sestodecimo d’ora”
e via così, fino alla “sensazione che gli oggetti inanimati si mettano a parlare”. Tasso era già all’epoca, l’autore celebrato di "La Gerusalemme liberata" ma né il benigno dàimon socratico (una sorta di guida divina) né l’eccessiva sensibilità gli davano grande tregua. Rispetto alla vita irrequieta ed errabonda che condusse (girò tantissimo per corti, conoscendo anche il carcere), fece una morte serena, spiritualmente accudito nel monastero di S. Onofrio - sul Gianicolo - dove aveva scelto di ritirarsi in cerca di isolamento. Era il 25 aprile 1595 e Torquato Tasso aveva 51 anni.
Alla luce di quanto detto sin qui, ritengo “Luce e tenebra” - il titolo assegnato da Alvaro Torchio alla biografia romanzata del poeta, “Luce e tenebra. Vita di Torquato Tasso” (Manni, 2016) - un titolo più che mai indicativo. Lo si desume anche dai contenuti del libro che ne ricostruisce la vicenda artistica e privata con la dovizia dei particolari del biografo ed il colore tipico del narratore. Sullo sfondo di un Rinascimento al tramonto, funestato dall’ombra lunga dell’Inquisizione, Alvaro Torchio ripercorre dunque le stazioni salienti della vita fiammeggiante di Torquato Tasso, dapprincipio brillante cortigiano, del tutto votato alla mondanità; quindi - preda dei fantasmi della sua follia - vittima della superbia del duca Alfonso II d’Este. Tra questi poli divaricati si alternano l’afflato religioso, l’amore giovanile per Lucrezia Bendidio e quello per la poesia, i successi letterari, le vicende familiari, la fama estesa in Europa, per consacrare un genio assoluto della modernità.