Il prete malato e i contadini
Il paesaggio era fino a ieri una forma di creta. Ora l’artista senza che noi ce ne siamo accorti ha fuso la sua opera e l’ha ritoccata col suo martello. Penso i suoni del grande martello per tutta questa notte. I prati sono fioriti di piccoli fiori irti di acciaio, vi passa il vento: no, una corrente elettrica che ne strappa scintille. Guai al malcapitato che viene preso dal suo vortice e non sa dove va. Molti frammenti di cose sono sparsi per terra; i colli mostrano la loro origine banale, non sono che pizze di quelle che i fanciulli fanno per divertimento. Il cielo è una vela azzurra tenuta tesa. Una bandiera che un po’ alla volta si mette a brulicare e poi si abbassa per lasciare il suo luogo a un’altra a un’altra di altro colore a un’altra ancora. Invece se io guardo dalle vetrate della mia veranda non vedo lassù che l’eterna acqua del firmamento. Ma stasera sarà il grande scudo di Dio borchiato di costellazioni d’argento. Tutta la nostra gioia sarà segnata là dalla bizzarria di chi foggiò quello scudo ricordandosi di un sogno. Andrai lungo i fiumi la cui melodia non potrà salvarti. L’acqua ti dirà le prime parole di una poesia, le prime note di un tema ma poi scivolerà via. E tu ti tormenterai invano per continuare il tuo cuore a poco a poco si darà per vinto. E dopo? E dopo il vento vero che si slancerà dall’orizzonte. Noi appiattati agli angoli, dietro i muri lo sentiamo già, piccoli. Ci ripariamo nelle stanze e già solleva la polvere sotto i chiostri. Entra anche, e ce ne avverte chiudendo impetuosamente una porta. Di colpo. Lo sciocco si è chiuso fuori. Certo uno dei tanti spiritelli smarriti. Ma sulla vetta più alta della montagna il re vede passare su cavalli di vetro le sue schiere compatte. Incalzeranno un esercito di nuvole che è là nero in fondo. Esse sentono il pericolo e lo sbigottimento le prende: nasce già la confusione. La battaglia è veemente: non si distinguono più le bandiere dei diversi drappelli. Le nuvole impegnano un ultimo sforzo di resistenza e poi si salvi chi può, è la fuga. Le schiere si assottigliano in maglie di seta ma ogni cavaliere ha già mutato veste e fugge lontano verso i regni del sole nell’altissimo. Brilla di tanto in tanto la punta di qualche lancia acuta. Il vento è vincitore ed il re andrà a congratularsi con ognuno dei suoi. Soltanto lo spiritello disertore è restato qui nel cortile e si è nascosto sotto i chiostri dietro una colonna. Poi ha visto un giovane prete che recita il breviario su e giù. Gli va cauto alle spalle e gli dà una manata sulla schiena. Poi fugge di corsa sghignazzando tra la polvere. Il giovane prete si è voltato ma poi ha continuato la lettura.
Ora è malato: le imposte delle finestre della sua camera sono sempre chiuse. Viene odore di caffè e di medicine per i corridoi. È molto malato, polmonite. La pianta rampicante che arriva fin sotto le sue finestre non ha ancora cominciato a fiorire. Ieri è venuto il vescovo che ci ha benedetti tutti. E ora anche se è passato il vento sentiamo sempre l’odore di caffè e di spirito. Pensi al giovane prete pallido, sotto le molte coperte. Il sole non può entrare nella sua camera. Là sul comodino con le medicine, c’è il breviario che da tanti giorni rimane chiuso.
Sua madre, una vecchietta vestita da contadina, è al suo capezzale, mi hanno detto. Ma non sa che la malattia può ucciderlo.
Non andrò al suo funerale.