Angelo Andreotti, A tempo e luogo

07-03-2016

Nota a margine, di Giuseppina Rando

È una poesia sommessa, ricca di tonalità e di movimenti allegorici quella che segna l’ultima silloge di Angelo Andreotti A tempo e luogo.

Una poesia che lascia affiorare ricordi e riflessioni tra parola e silenzio, un colloquio ininterrotto di pensiero e liricità.

Una poesia conscia dell’esistente, dell’essenza dell’esistenza e quindi rimandante a ciò che ci circoscrive, ci avvolge e ci domina: il tempo e lo spazio. Tempo e spazio coniugati nella dimensione personale dell’autore, dal suo giudizio ed esperienza umana e poetica.

Il discorso poetico di Angelo Andreotti, sempre sobrio ed elegante, innervato in una sintassi ampia e di classico decoro, si esplicita già nell’Overture con l’anafora Dove che sta ad evidenziare appunto il senso esterno dello spazio e quello interno del tempo legati sempre alla visione che ciascuno di noi ha della realtà in cui vive:

Dove il sole dal fiume al crepuscolo…

Dove gli istanti si rubano il tempo…

Dove le nuvole a picco sugli occhi…

Dove la compostezza della quercia…

Dove la casa si sveglia di noi…

E poiché la filosofia dello spazio e del tempo appartiene alla relatività essa è, ovviamente, connessa con il vissuto del poeta che plasma la materia dei significanti fino a giungere alla trasparenza dell’energia che li sostiene: Per ogni nuvola un passaggio di ombre / un variare di luci e colori …un risuonare di tempo eveniente / che sconfina ai bordi di ogni istante.

Un’esperienza di scrittura che scava nelle varianti del reale e dell’immaginario avvolti da quel silenzio dove le infinite possibilità della lingua esplorano il lato oscuro e umbratile della vita: attorno a un fuoco di legna raccolta… per dare un nome che non sappiamo / e pronunciarlo / o soltanto riconoscerlo / tra le braci / di quel che sarà ancora fuoco.

All’interno di ogni singolo testo le parole germinano da sé ma, sottilmente legate alle altre, ritrovano l’armonia e la costruzione di senso: ...e d’improvviso si fa inesplorato / qualsiasi luogo / anche quel sentiero/ che mille volte abbiamo camminato.

Una poesia quella di Andreotti che si apre al reale, scruta attraverso gli accadimenti in trasparenza, li filtra con lo sguardo, come nel fuoco di una lente precisa e implacabile per evidenziarne le discordanze che viviamo: Ora / calcato il seme nella terra / ci si mette in attesa del pane… Là / lo sciacquio tra i giunchi in riva al fiume …sconvolge l’ordine scritto dal tempo…

Si percepisce quasi una frattura tra l’io e il mondo, un’antitesi esistenziale tra il vivere autentico, aderente ai valori che acquistano significato solo se colti nella loro caducità e il vivere di una società che accoglie supinamente l’evanescenza di un mondo spacciato per reale, ma pauroso e che soggiace a fragili equilibri, una società teologizzata dove s’espande la violenza e la barbarie con l’infierire sulle creature più innocenti e indifese: sono le storie che il fiume andava raccontando / in quella sua lingua remota / di noi inconsapevole / prono / sotto un cielo che impietrì nel grigio / per la nostra appagante indifferenza.

La metafora del fiume, il nostalgico fiume che ci coinvolge nel suo continuo movimento e di cui ignoriamo il senso, domina la seconda parte della silloge, e con la forza introspettiva della propria poesia, Andreotti va ad esplorare anche le zone d’ombra: Noi non sappiamo se il mondo sia nostra dimora / o uno straniero inquieto che abbiamo ospitato… cerca di captare le corrispondenze misteriose della natura … È che in fondo il tempo e il fiume si assomigliano: entrambi scorrono / restando / nel punto esatto da cui se ne sono andati.

Malgrado le lacerazioni, i dissensi, le negatività, il poeta Andreotti non rinuncia a indicare un antidoto ricorrendo a quella linfa che risorge / ogni qual volta il tempo s’incurva… invita ad ascoltare il mormorio antenato della memoria…

Lasciarsi prendere è il segreto, abbandonarsi …

e allo sgomento preferire la meraviglia

che sempre accompagna la coscienza

per la presenza delle cose.

Un’opera poetica davvero preziosa, versi scritti nel silenzio che è un dono, sigillo di una voce originale scaturita dall’interiorità e da una sensibilità autentica.