05/06/2009 - stefanodonno.blogspot.com
Angelo Ricci, è un avvocato di Novara, nato nel 1964. “Notte di nebbia in pianura” è il suo primo lavoro. Le vicende narrate appartengono al sub-universo di una qualsiasi provincia italiana, che talvolta può incrociare le nostre esistenze attraverso un trafiletto di cronaca nera sulle pagine di un quotidiano, o nei casi più eclatanti, tra le prime notizie date da un tg nazionale. Notizie che alla fine si perdono in un momentaneo malumore, per poi scomparire negli archivi della nostra memoria. E parlo di un sub-universo non a caso, dal momento che gli elementi che lo compongono rivelano realtà altre, totalmente diverse rispetto a quelle che fanno parte della maggior parte dei tracciati biografici di ognuno di noi, forse agli antipodi sotto alcuni aspetti come quelli sociali e culturali. Quello che Ricci racconta è un mondo a parte, grigio, anonimo, brutale nella completa assenza di valori e cultura, che la piccola borghesia di provincia (indistintamente potrebbe essere qualsiasi interland milanese, vercellese, brianzolo) sembra tollerare benissimo. Questo lavoro sicuramente è un esordio molto interessante soprattutto per due aspetti: il primo riguardante l’incalzante giustapposizione di piani sequenza, proprio da regista cinematografico di grande esperienza; il secondo riguardante una logica dell’interpunzione, del periodare, e della resa semantica che s’incunea magistralmente nella descrizione di un orizzonte degradato e degradante. Altra peculiarità in tal senso, la copiosa ripetizione quasi mantrica di frasi, come se il sistema della narrazione andasse in cortocircuito. Potrebbe essere in futuro considerato l’antesignano archetipico del romanzo per eccellenza della provincia italiana? Senza ombra di dubbio. Ma più di tanto non mi sento di scrivere, dal momento che pur sempre di esordio si tratta. Aspettiamo i suoi prossimi lavori. Ogni personaggio descritto dall’autore è non presente a se stesso, in quanto le sue emozioni le sue sensazioni sono come deprivate di qualsiasi slancio vitale, come se recitasse un copione su un palco dinanzi ad una platea invisibile. E forse la causa non è da ricercarsi in un malessere esistenziale tout court, quanto perché la sostanza in cui sono immersi – il “latte grigio” come definisce la nebbia Angelo Ricci – rende molto più semplice l’abbandono in un nulla senza centro né principio! La nebbia nasconde, avvolge, occulta tutto dalle emozioni alla vita intera. I personaggi: un ragazzo perde sua madre, e diventa passivo spettatore di una vita monotona e incolore che non lascia nemmeno un ricordo significativo dopo l’ultimo e definitivo addio, quasi fosse routine; Sticazzi ecolalico cazzeggiatore alcolico da Ceres in endovena perenne; un giovane carabiniere alle prese con una certa Sandri Anna, indolente italiana che si trova invischiata in un presunto giro di terrorismo islamico; il bauscia Panza, descritto insieme ai suoi amici e alle sue amichette ucraine, magistralmente; una emigrata dell’Europa dell’Est, e della viziata e viziosa Italia che ha incontrato e ossessionata dalle doppie e dagli articoli della nostra lingua. Insomma un affresco intrigante di un’italietta piccola piccola!
Sintonie, di Claudio Morandini
L’autore osserva con un senso di umanità trattenuta le vite sbrindellate dei suoi personaggi, scava nella loro memoria e ne rivela il girare a vuoto attorno a vecchie speranze di possibili felicità. Da lettore, mi sono riconosciuto nello sguardo di Ricci di fronte alla deriva sociale e culturale dell’Italia di questi anni – nel suo sguardo che sa essere disincantato, ma anche preoccupato, offeso, talvolta impietosito.
Il vostro Kam qui si è trovato un pochino in difficoltà. Questo è un libro duro. Duro da leggere, duro da “entrarci dentro”, duro secondo me anche da scrivere. Immaginatevi presentarvelo!
Partiamo, come sempre, dalla fine! Ovvero proprio dalla quarta di copertina: “Come una fotografia che improvvisamente si anima, in uno spazio e in un tempo preciso, scorrono storie di vita in presa diretta con personaggi che agiscono e interagiscono in una disperata e desolata assenza di motivazioni, nel trionfo della banalità, sullo sfondo di un "profondo nord" pieno di contraddizioni.”
Avete letto? Ok, se siete di quelli che mettono da parte le recensioni fate Copia&Incolla di tutto questo testo ma poi cancellate le righe qui sopra appositamente separate da uno spazio: il libro (secondo l'umile opinione del vostro beneamato Kamenzind) è un altro.
Io sono nato e cresciuto nel centro Italia, dove la nebbia è poco più di una leggenda urbana. Ora vivo a Torino e qui ho imparato qualcosina di più in merito. Con coscienza di causa ora posso dire che questo libro “vive” nella nebbia. Ci sguazza. Con tutto ciò che ne consegue.
Chi la nebbia non la conosce, non l'ha mai attraversata, probabilmente qui non ci si ritroverà poi tanto.
Perché la nebbia è sfuggente ma allo stesso tempo incredibilmente presente. Opprime con la sua inconsistenza vaporosa che fa sembrare diabolica la sua capacità di annullare tutto ciò che ci circonda.
Rende pericolosi i passi altrimenti sicuri. Bagna, infradicia, sfuma i contorni fino a cancellarli, intristisce se non, a volte, riesce a fare quasi paura.
Lo spazio ed il tempo si annullano, si sciolgono ed evaporano nelle goccioline che vi circondano; tutto si liquefà ed inizia a turbinare su se stesso, non sapendo dove meglio altro andare. Si inizia a camminare in tondo senza accorgersene, con la sensazione costante di “eppure qui ci sono già stato...”
Se non siete pronti ad immergervi nella nebbia, se non la conoscete, comprate pure questo libro ma mettetelo da parte per quando crederete di potercela fare, non fate i coraggiosi per forza. Leggerete solo un libro che non vi piacerà. Le sue ridondanze continue, al limite del morboso, dell'accanito, sfiancano chi si è avventurato convinto che tanto quella massa grigia fosse solo un “banco di pochi metri”; indicano invece la strada ai naviganti esperti, quelli che hanno il pelo sullo stomaco.
Avete mai provato a fotografare la nebbia? Non ne cavereste niente probabilmente. Dovreste essere pazienti per più di un motivo: sono pochi i soggetti che sfidano il muro impalpabile e appaiono e scompaiono in una frazione di secondo.
Qui sta la forza ed il coraggio di Angelo Ricci.
I personaggi che vediamo per pochi attimi, per poi ritrovarli nel nostro peregrinare scomposto ancora per un istante, mescolandosi tra di loro, sono colti così, come per sbaglio; come vecchie polaroid.
Ricci è un esordiente. Questo è il suo primo romanzo e, mi ci gioco il notebook, glielo faranno notare in molti parlando del fatto che deve migliorare la “struttura”, i “tempi narrativi”, che le ridondanze possono sembrare “manieristiche” e blablablablabla.
Io personalmente, e qui mi ci gioco pure il PC fisso, credo che l'autore volesse fare proprio quello che ha fatto! Se avesse voluto migliorare struttura, tempi o quant'altro lo avrebbe fatto! E' un coraggioso, l'ho detto, e ci ha proposto con forza, ci ha quasi imposto queste visioni forzate, rutilanti anche nella loro immobilità, nei loro arrotolarsi su loro stesse, perché così voleva sbattercele in faccia. E basta.
Questo romanzo non porta da nessuna parte. Perché vive nella nebbia. E nella nebbia rimane. Qui i personaggi a volte riescono anche ad incontrarsi mentre percorrono i propri sentieri ma non fanno più che ignorarsi o scontrarsi con una disinvoltura inquietante.
Non sono “disperati”, tantomeno “banali”. Sono quello che sono. Sono quello che potremmo essere anche noi se qualcuno ci vedesse muoverci nel Grande Grigio. Qui il vero trionfo è solo quello della “cattiveria” dell'autore.
Noi in fondo in quella nebbia non avevamo mai pensato di entrarci. Avevamo visto che tempo c'era ed avevamo pensato bene di stare a casa.
Non preoccupatevi ci ha pensato lui a farci guardare lontano, fuori dalla finestra. E quel che c'era, c'era. E quel che c'è rimasto, c'è rimasto.
Mannaggia a lui.
Buona lettura.
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120 pagine – 2008 – Manni Editori – Piero Manni srl – ISBN 978-88-6266-090-7
Peso 198 grammi - Prezzo € 11,00 – (Euro 55,56 al Kilogrammo; vedi nota a fine recensione)
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* Da bere durante la lettura: ... Ceres c'è, rigorosamente! Sennò a ”Sticazzi” chi lo sente? A parte tutto, un po' di “benzina” aiuta nella lettura. Nella nebbia cammina e inciampa di più chi tentenna troppo o chi va troppo di corsa. Andare un tantino “sciolti” pare essere la migliore strategia.
* Colonna sonora consigliata: Angelo delle nebbia (Ligabue), Nebbia in Val Padana (Cochi & Renato), Smoke on the water (Deep Purple), in somma, state sull'onda! ;)
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Nota confronto libri/alimenti (ennesimo sproloquio gratuito by Kamenzind)
Molti di noi consumano un quantitativo di calorie (derivanti dagli alimenti che mangiamo) superiori alle nostre reali necessità. Queste calorie hanno un costo in termini di euro, di tempo necessario a smaltirli o di sensi di colpa se non li smaltiamo.
Io propongo un baratto: risparmia calorie (ed euro) ed investi in questo libro!!!
Ecco con cosa barattare Notte di nebbia in pianura:
- rinuncia a n.2 “Big Mac menù” - calorie risparmiate ca. 2.233 (circa 4 ore e mezza di cyclette!)
Ti avanzeranno i soldi per un paio di insalate scarse ma avrai guadagnato un buon libro! (e il tuo fegato te ne sarà grato!)
Sciascia, al riguardo, scomodava la categoria dell’entelechia: in un ritratto l’oggetto è sempre morto, cioè racchiude tutta la vita dell’oggetto in questione così come viene chiusa, resa perfetta dalla morte. È la morte a gettare le fondamenta del nostro esistere, mettendogli un limite; e, infatti, su questo Freud proprio non si ingannava: al postutto l’uomo una libertà ce l’ha: quella di desiderare e creare intimamente la propria morte: sarebbe a dire la propria vita.
E questo libro, questa bellissima Notte di nebbia in pianura di Angelo Ricci, sceglie di aggirarsi nei meandri insondabili della morte, quelli senza fine (e a noi vivi è questa mancanza di limite che spaventa della morte) fermando, in una sola immagine, un solo attimo, letale: lo scontro di due automobili.
Il breve romanzo è una lenta e cadenzata marcia per giungere a ricomporre le membra disiecta dei suoi diversi personaggi, delle loro personali storie, dei loro destini fino al fermo immagine finale di questo scontro.
Il destino di un enorme obeso sospeso in una notte insonne, visitato dai fantasmi delle sue donne, la mamma, la maestra, il medico somigliante alla maestra che gli annuncia la morte della mamma; il destino di due piccoli delinquenti subnormali e quello dei poliziotti contro cui andranno a sbattere mentre traducono una detenuta; il destino di questa, incriminata per terrorismo di matrice islamica e, quindi, il destino di Ibrahim l’uomo che ama e che l’ha coinvolta nei suoi traffici; il destino del poliziotto che la deve indagare; il destino di un gruppo di amici non più giovani e non più ricchi che brigano qualche malaffare; e delle loro donne slovene. E anche il destino di un avvocato che non esercita più: ora tele-vende oggetti d’arte.
Ricci, con un tecnica che ricorda il Bolaño di 2666, giostra questo materiale umano avvicinandosi ad esso, allontanandosene, distaccandosene con un imperscrutabile maestria.
I vari personaggi compaiono sulla scena improvvisi e assoluti, e ci attraggono in maniera morbosa nella loro realtà fatta di pochi segni verbali, poche parole ripetute con ossessione, parole di mentecatti, di menti imprigionate in un destino chiuso e cieco. Parole che servono a fare rumore: per coprire il vuoto che ci aspetta.
Ed è per coprire quel vuoto, che queste vite sono vuote. È per non morire che questi personaggi, come i più, non vivono.
Ed è qui l’inestimabile pregio di questo lavoro che non si limita a fare la cronaca, il resoconto pulito in bella copia e bella lingua dei fatti, il compiaciuto superborghese di come vivono i poveracci di nuova o vecchia data. Niente racconto sul trionfo della banalità, e sulla desolata assenza di motivazioni: Notte di nebbia in pianura racconta il vuoto, il nulla dal punto di vista del nulla.
Un punto di vista non mistico, ma emotivo, un nada nostra che sei nei cieli che passa qui direttamente dalle labbra di Hemingway, e che dà al libro una irresistibile cadenza incantatoria, da grande opera sinfonica: magica e delicata e orribile: la storia del vuoto.
Come a dire che è da questa infinita tristezza di scoprirsi uomini che si può trovare il coraggio di essere uomini.
27/09/2009 - www.milanonera.com
I colori della nebbia, di Cristina Marra
Il romanzo è a più voci, tanti personaggi apparentemente autonomi, finiscono per essere accomunati dallo stesso destino tragico o triste. Uomini e donne, consumano i loro drammi quotidiani, le loro solitudini ed incomprensioni, ambizioni e sogni, proprio in una notte di nebbia fitta e umida che annuncia l’imminente Natale.
Nel grigiore ovattato della nebbia, si distinguono però i colori: il giallo del capannone da dove un giovane imbonitore presenta la sua televendita, il verde delle foglie della pianta dell’ospedale dove muore la madre del giovane obeso e disadattato, il nero ed il blu scuro delle auto di lusso di giovani arricchiti e senza scrupoli, il nocciola e l’azzurro degli occhi spaesati delle loro donne dell’Est, il blu, il fucsia ed il grigio delle felpa dell’inconsapevole compagna italiana di un terrorista arabo. Su questo scenario di vita ordinaria si alza la voce dissacrante di Sticazzi, giovane balordo che con un amico vaga per la notte vomitando volgarità e rancori.
Quante cose succedono in una notte! Una notte di nebbia che, sembra attutire i rumori e nascondere le verità, ma che custodisce, invece, brandelli di vite difficili e tormentate.
L’arresto di Anna fa notizia, ma è solo giovane madre impaurita che non vuole accettare di aver raggiunto una normalità irregolare e che, come vittima di un torpore interiore, si estrania dal mondo e in stato di trance sente solo il calore della felpa che la lega al suo uomo. La solitudine del giovane orfano, si accentua durante la notte, quando a letto rivive con flashback angoscianti la sua infanzia e il suo rapporto con la madre forse troppo presente e opprimente e morta da poco.
La ripetitività di gesti e parole e l’ipocrisia di un uomo che cerca di vendere robaccia e di convincere soprattutto se stesso delle sue scelte. Giusta la giacca, le scarpe, il tono di voce o le luci ma sarà giusto il suo lavoro, è quello il suo obiettivo? Vuoti e senza principi i giovani imprenditori si giocano a carte il futuro e pianificano strategie per salvaguardare il loro patrimonio sotto gli sguardi rassegnati di Alessia e Svetlana, immigrate in cerca di fortuna che si vestono alla moda ma percepiscono la vacuità e la superficialità di quel tipo di vita. Insomma, tante storie che si intrecciano in una notte di nebbia.
Le parole ripetute, i concetti espressi più volte dall’autore evidenziano ed esprimono il tormento interiore che si impadronisce dei personaggi, vittime di legami fortemente recisi o mai consolidati o dello stesso destino, su tutti incombe la nebbia!