Annalena Aranguren, Nei passi l'attesa

17-09-2007

I piccoli sentieri quotidiani, di Rossano Astremo

Entri in Nei passi l’attesa, nuovo libro della poetessa fiorentina Annalena Aranguren, e già i primi versi si presentano come una dichiarazione di poetica inconfutabile: “Non canto l’impegno civile. / Io parlo di piccoli sentieri quotidiani / che scuotono l’anima di chi li percorre / descrivono stanze già visitate / da molti e molto a lungo, / racconto di emozioni e racconto di te”.
È una poesia densa quella della Aranguren, nella quale una chirurgica, mai eccedente, sempre nitida costruzione del verso, si accompagna alla rappresentazione di un immaginario amoroso tormentoso, onnipresente, a tratti patologico. La Aranguren costruisce una sorta di canzoniere amoroso dolente, tutte le sue liriche sono rivolte ad un tu, un uomo fisicamente non presente, un amore del passato, ma che sempre riaffiora nella vita dell’io poetico femminile.
È un corpo a corpo tra memoria e vita presente, tra invasione della prima sullo stato larvale della seconda, sulla scomparsa continua degli spettri di ciò che è stato che s’espandono nella mente della donna: “A notte fonda amore mio lontano / alla finestra mi resta / solo il dono della veglia”. Tutto, nella vita della protagonista del libro, riporta all’uomo amato, alla sua assenza fisica, al suo essere solo “pensieri a volte nemmeno espressi”, e forte è la voglia di recuperare un contatto, anche solo uno sfiorarsi.
Non sembra esserci nessun spiraglio di guarigione. Il fantasma dell’amore perduto, come una malattia che batte sul tasto fragile della mente, non vacilla e, ideale, da difendere con il coltello tra i denti, appare con sempre maggiore ossessione: “Davanti al tavolo la poltrona smossa, sbieca per fare posto / alle tue gambe lunghe di trampoliere maldestro. / Sul piano di vetro l’impronta delle dita mai cancellata. / Mai pulito. Questo è tutto ciò che resta”.
Nei passi l’attesa è un’ottima raccolta, parla d’amore, uno dei temi più usati ed abusati in poesia, ma lo fa con misura ed originalità, costruendo una fragile e malata storia d’amore in versi, che ricorda Cento poesie d’amore a Ladyhawke di Michele Mari, un altro libro di poesia uscito in questo 2007, un gioiello imperdibile per tutti gli amanti di questo genere sempre troppo umiliato.