Annarita Miglietta, Così giocavano

05-10-2008

Gli antichi giochi, un linguaggio del tempo, di Valentina Murrieri

Fitu nel brindisino e nel basso Salento, fitaturu nell’area di Torre S. Susanna, curru nei pressi di Lecce e nel tarantino, rùculu ad Aradeo e dintorni. Ma anche currùculu e piribissi, curipizzu, tròzzula. In Piemonte diventa pirla.
Sono solo alcune delle numerosissime varianti linguistiche riferite ad un gioco antico e universale: la trottola. Uno dei divertimenti-simbolo dei tempi andati. La nostalgia è evocata già dal giallo ocra della copertina del nuovo saggio di Annarita Miglietta, professore associato di linguistica italiana nella facoltà di Lingue dell’università del Salento. Pubblicato da Manni Editori e introdotto da Tullio De Mauro, Così giocavano rappresenta un’esaustiva ricognizione dei giochi fanciulleschi in salsa etno-linguistica, che si dirama in nove capitoli dedicati ad altrettanti ludi d’antan.
Non solo la trottola: si passano in rassegna giochi con cui intere generazioni hanno allietato i propri pomeriggi. La lippa, i sassolini, gli aliossi, la campana, la raganella, il cerchio, le stacce e il gioco dei tappi.
Alcuni tra i giochi hanno origini che riportano fino al periodo dei faraoni, come quello della campana. Con la trottola hanno giocato anche i bambini della Cina, del Giappone e della Corea. Una ricostruzione storica consentita anche da prestigiose testimonianze letterarie: Svetonio aveva persino dedicato un volume ai giochi dei Greci e un altro a quelli dei Romani. Argomenti simili trattati anche da Giulio Polluce nel suo Onomasticon.
Nessun aspetto è tralasciato: si parte dall’evoluzione dei nomi dei giochi nelle varie aree salentine, una panoramica linguistica delle restanti regioni italiane. Ma anche un approfondimento sulle regole utilizzate dai ragazzini scavezzacollo di mezzo secolo fa, un excursus storico, antropologico e sociologico arricchito dalle informazioni rilasciate da un campione di ventuno salentini, di età compresa tra i 50 e i 65 anni, intervistati tra Carpignano, Lequile, Vignacastrisi, San Donato di Lecce e Bagnolo del Salento.
Traspare, dalle righe dell’autrice, la riflessione preoccupata sul destino della terminologia legata ai giochi d’infanzia: se questi continueranno a dissolversi, sostituiti dai sollazzi tecnologici della modernità, ne seguirà un impoverimento del lessico dialettale. Se si esaurirà il concetto, anche la parola che da sempre lo ha accompagnato tenderà a scomparire.