È una bomba il sesso che va in libera uscita, di Renato Barilli
È uscita, abbastanza inosservata, una raccolta di racconti di Antonio Porta, a cura di Rosemary Liedl, principale curatrice della memoria di questo autore, ahimè precocemente scomparso (1935-1989). Quasi nessuno tra loro è inedito, apparso però su riviste varie, e dunque ben diverso è l’effetto che viene dal vederli ora riuniti. Insieme, costituiscono una bella prova, dimostrano che Porta sarebbe stato perfettamente in grado di darci ulteriori apporti narrativi, da porre in stretta vicinanza di quelli poetici, ribaditi anche di recente da una loro edizione al completo presso la Garzanti.
La chiave di accesso a questo universo è data senza dubbio dall’onirismo, quasi che il Nostro volesse allinearsi a Luigi Malerba che poco prima se ne era uscito col Diario di un sognatore. Ebbene, anche questi sono frammenti, scampoli di un intenso lavoro onirico, il che, loro di dribblare il fastidioso compito di rispondere a una trama, di approdare a un qualche finale. Si aprono, brillano di luci intense ed arcane, e si dileguano nel nulla, secondo il detto ben noto secondo cui «i sogni muoiono all’alba». Ma la trascrizione che l’autore ne effettua è lucida, scorrevole, funzionale, e beninteso evita tutto il ciarpame misticheggiante con cui talvolta i sogni vengono presentati.
Qui siamo nel più attento rispetto dell’insegnamento freudiano, nell’onirismo parla il corpo, soprattutto attraverso il sesso. E dunque, se una riserva si deve fare, questa deve andare al titolo di uno dei racconti, assunto anche come eponimo della raccolta, nella quale non si tratta della Scomparsa del corpo, ma piuttosto di una sua liberazione, per cui gli organi genitali si svincolano da un normale ordine gerarchico e si compiacciono di fornire ardite e sfrontate esibizioni, rendendosi autonomi dal tronco e dalla mente. L’intersa serie di queste registrazioni è retta dall’alternarsi di incavi e sporgenze, ovviamente rispondenti ai due organi, maschile e femminile, che si ritrovano ovunque. Per esempio, nel Viaggio, il narratore si affeziona a un burattino, a un Pinocchio, che però esibisce nel pube una vistosa fenditura, tanto che questo turista eccentrico viene visto dai normali con sospetto e apprensione. In una altro incubo, La Bomba, egli si immagina che una estrosa fanciulla gli chieda di compiere come prova d’amore un attentato al Campidoglio, e purtroppo all’alba il malcapitato deve andare a constatare che in effetti il Municipio di Roma ha subito un’esplosione.
La possibilità dello scoppio di una bomba aleggia ovunque in queste pagine, con un potenziale ambiguo, tra il distruttivo e invece il procreativo. Forse il racconto centrale della raccolta è quello che porta il titolo Tu partorirai una bomba, dove una povera fanciulla viene sfruttata, nella sua maternità imminente, proprio per nutrire in sé un ordigno esplosivo. Lei muore, col frutto naturale in seno, ma gli esterrefatti abitanti accorsi sul luogo devono constatare che sotto il cadavere giace una bomba di proporzioni smisurate, quale senza dubbio non è mai stata sganciata da nessun aereo.
E in definitiva è un ordigno esplosivo anche quello che nel racconto di apertura viene piazzato, ma non per portare morte, bensì per diffondere un Gas esilarante, nel rispetto della massima «non una bomba vi seppellirà, ma una risata». Ovvero, mortali, non diffidate di un sesso che se ne va in libera uscita, come attestano le sorgenti veritiere e vivificanti del lavoro onirico.