Militanza poetica, di Francesco Giannoccaro
Siamo certo che Antonio Spagnuolo non cerchi conferme con la sua ultima raccolta di versi. E non le cerca il lettore o il critico, già aduso a questa lunga e tenace militanza poetica che ha già dato di se, pienamente. “Per lembi”, pertanto, va ad aggiungersi all’intero suo corpo letterario, con pari dignità , senza per altro evidenti segnali di appagamento per quanto è già stato, con rinnovata fede, anzi, frammista a speranza nella sopravvivenza della poesia e della sua funzione. L’autore si propone, pertanto, con il suo dettato serrato, in linea, un continuum che accentua il carattere dialogico della sua proposta indirizzata, in primis, a se stesso e in cui avverti l’urgenza di verifiche sul versante esistenziale. Tali esigenze, tipiche di altre età della vita a lui lontane, donano peraltro al suo messaggio una sorprendente immagine di vitalità – pura vis poetica , appunto – che non ingenera stanchezze nel lettore.
L’ultima fatica poetica si snoda , ancora una volta, nel recinto della memoria privata, operando sagaci prelievi – lembi –di vita intensamente vissuta, trasferiti poi nella corporalità della pagina con accenti vivi, rapide folate, resistendo nel contempo al rischio di restare risucchiato – ed irretito – nella nota della nostalgia. Non una resa incondizionata, quindi, al richiamo del rimpianto – accentuato dagli anni trascorsi – e alle sue sirene, ma una rinascenza nel presente con una continua sovrapposizione di tempi luoghi volti situazioni, giocando a più livelli con registrata maturità, umana e intellettuale, da spettatore partecipe delle trasformazioni che si succedono sul palcoscenico della vita: “Muteranno le curve, le tue cosce, il seno/ quando io lascerò le sillabe improvvise/ tumefare le labbra”. Donandoci attonito immagini di esausta bellezza: “Accade nel tempo in cui nessuno ascolta,/ l’asfalto incerto,/ le ciglia squarciate,/ gli stacchi ormai delle nostre vecchie pareti”. Per concedersi altre volte a sortite inattese, cesure caustiche ed ironiche: “Questo è il dubbio che propongo alle ore/ tenue dissolvenza dell’istante,/ nelle sfottute sbarre dell’Apocalisse”.
E’ evidente come Spagnuolo sia convinto assertore – non da oggi – della funzione taumaturgica – come da altri già rilevato – della poesia, lavacro delle vecchie come delle nuove ferite e vi si affidi in chiave analitica. Una scelta coraggiosa e in parte inattuale, visti i tempi. Tanto lo porta ad investire a piene mani e a piene mani raccogliere, dopotutto. Senz’altro consapevole dei rischi insiti nel divaricamento tra realtà poetica e realtà reale. Tra la fissità dello scenario poetico ed il fluire delle situazioni quotidiane.
Il corpo a corpo poetico raggiunge i suoi esiti più felici là dove si esalta “il gusto della trasgressione” (Giuliano Manacorda) e si rinnova la propulsione amorosa, la stessa che sottende buona parte dell’ultima sua produzione.
Un’avvolgente carica erotica dai toni talora barocchi: “Lasciami bere la fragranza della pelle/ nell’ubriachezza notturna:/ non importa del sonno se più lunga è la notte”. Ma anche dai connotati più soffusi: “Allontano il golfo devastato dai riti, / lentamente nascosto nel ricordo dei tuoi capelli/ corvini.” Un erotismo caldo fatto di fragranze, allucinazioni, intensamente partecipato. Che dissemina di stazioni le pagine di “Per lembi”.
Spagnuolo non insiste nella versificazione ad effetto, pur nella ricercatezza di un linguaggio che rimane alto ed allusivo. Lo stile rimane , infatti, perfettamente compenetrato al carattere del testo, essendo l’idoneo supporto ad un preciso progetto. La pagina, di conseguenza, la ritrovi pulita da scorie, corpi estranei, orpelli vacui. E non è poco per un poeta che professa, non da ieri, la sua fede assoluta nell’atto poetico e nella sua trascendenza, pur nella compartecipazione alle vicende terrene.
A lui e al suo impegno ostinato e coerente, pertanto , il giusto apprezzamento, anche per quanto saprà darci ancora pur nella Babele di un tempo in cui non è concesso nemmeno l’onore delle armi.