Benedetto Di Pietro, Il canto della pernice

01-07-2010
Canti e voli, di Carmen Sobacchi
 
La lettura di questo romanzo, veloce e motivata dalla curiosità di conoscere l’evolversi della vicenda, rivela al lettore una scrittura agile, stringata ed essenziale. Lineare la narrazione dei fatti. Sintetica l’esposizione dei percorsi geografici e psicologici del protagonista e dei personaggi a lui collegati. Attenti, precisi e misurati gli elementi descrittivi sia degli elementi ambientali e fisici, sia dei pensieri, dei sentimenti, degli stati d’animo dei personaggi.
Ed ecco che la “pernice” del titolo, che parecchio suscita curiosità all’inizio, suggerisce, più dell’idea del canto, quella del volo. Un volo a tappe, come per una migrazione nello spazio e nel tempo, simbolica di una evoluzione interiore non del tutto consapevole, a livello personale, se non nella parte conclusiva del romanzo, proprio perché frutto soprattutto delle circostanze in cui si trova coinvolto il protagonista.
Molti, come sfiorati a volo d’uccello e forse solo volutamente proposti al lettore per una sua libera riflessione successiva, sono i riferimenti ad importanti fenomeni di massa (eventi di cronaca o calamità naturali) presenti nel romanzo. Riferimenti anche veloci, che evidenziano, però, quanto, alla fine, tutto ciò che riguarda le masse si ripercuota, nel bene e nel male, sui singoli individui: la miseria che induce ad emigrare, la difficoltà di integrazione nei nuovi ambienti, la disgregazione degli affetti che la lontananza dalla propria terra e dai familiari provoca, le perfide leggi che regolano il mondo degli affari, il perdersi dietro a valori che d’un tratto svelano la loro totale vacuità di fronte a tragiche e imprevedibili catastrofi che sconquassano natura e umanità. Il narratore, dietro l’apparente distacco, fa trasparire, sui vari temi ed argomenti presenti nella vicenda, considerazioni dense e concrete, che diventano efficace mezzo di lucida denuncia.
La sicilianità dell’autore è abbondantemente sottolineata, oltre che dagli ampi riferimenti alla Sicilia, da cui la storia prende avvio, anche dal linguaggio asciutto e riservato, dal calzante riferimento pirandelliano a “Il fu Mattia Pascal” ma, soprattutto, dal finale, così impregnato di “ sicula omertà”.
Ma dove sta allora il canto della pernice? Sta proprio in quel silenzio finale, imposto da una perfida minaccia che rende impossibile un ipotetico canto a due, nell’ ottica di in un “do ut des”.
Potrebbe essere questa una interpretazione del proverbio siciliano che dà il titolo al romanzo, ma, se proprio si vuol stare in tema: “così è, se vi pare ...”