Un segreto da trascrivere, di Giuseppe Amoroso
«Sembra che non cambi niente in Sicilia, ma c’è un aggiustamento e un rinnovamento continuo, di proprietà e soprattutto di uomini». Storie isolane trovate in un cassetto di un’antica credenza nella casa di famiglia dello scrittore sono un «segreto» da trascrivere, con i loro misteri, il divertimento e una vistosa chiazza di «leggenda» creata dalla contrade. Uomini di onore (Manni, pp. 493, euro 25) di Beppe Puntello è un fluviale romanzo ambientato tra Marsala e Trapani, nella seconda metà dell’Ottocento. Due linee convergenti si confrontano senza sosta e si prestano i ruoli, gli spazi, si scambiano gli atteggiamenti dei personaggi innescando una miscela di resoconto documentario e di visionarietà suscitata da un’inesauribile riserva di immaginazione.
Il risultato è una tenuta espressiva dai ritmi rotti e volutamente difformi che attinge proprio dal dirompente andamento discorsivo un’impensabile vivacità, una rappresentazione capace di far ruotare al massimo la testimonianza vitrea, al fine di scoprire le più discrete emanazioni di immagini, le voci sommesse, smorzate, le esposizioni elettrizzate del paesaggio e degli uomini e dei costumi. E ciò avviene anche mediante la distribuzione copiosa del dialetto nei dialoghi e negli spazi perplessi delle psicologie. Incontriamo così un’energia linguistica elaborata con l’impasto di aree diverse nelle quali gli stampi, i tratti necessariamente più criptici divengono i centri propulsori di sfondi che stanno tra la ricostruzione storica, un gusto illustrativo degli ambienti vicini ai colori e al disegno del bozzetto e qualche screziatura del reale («Quel pomeriggio piangevano anche i muri del vagghiu»).
Il profluvio delle vicende è trasportato da una segmentazione secca di frasi che ha la tendenza a chiudere subito un concetto e a sistemare certe parti decorative dentro una cornice di opportune considerazioni. In questo universo affollato emergono il Signorino, che da «suttapatrunu» amministra i feudi del Barone, del Marchese e del notaio; la Baronessa Isabella; «zi» Raffaele e «zi» Jaku, che «parla a quattro galline a spasso per la strada»; e campieri, contadini, sensali. Tramata nei discorsi, dalla questione meridionale alla modernizzazione del Paese, con il risalto della «guerra civile» in Sicilia, segnata anche da quel feroce assassinio di un garibaldino, fulcro del bel romanzo di Matteo Collura, Qualcuno ha ucciso il generale (2006), passa una pagina decisiva della Storia d’Italia. Ma la Storia è «lenta ad arrivare» in Sicilia, «molto lenta».