Match Nul, di Filippo D’Angelo
[Match Nul fa parte di C'è un grande prato verde, secondo tempo, una raccolta di racconti curata da Carlo D'Amicis, pubblicata da Manni e uscita da poco in libreria. Trentotto narratori raccontano il campionato di calcio 2012-13].
In un Paese che sempre più si propone come la patria del pubblico risentimento, il derby è una delle rare occasioni in cui confrontarsi non coi nemici astratti generati dalla politica – il berlusconiano per l’antiberlusconiano, il grillino per l’antigrillino, il comunista per l’anticomunista o il clericale per l’anticlericale – ma coi concreti avversari che complicano l’esistenza quotidiana di ognuno: il padre per il figlio, la moglie per il marito, il fratello per la sorella e l’amico per l’amico. Due volte all’anno, per una parentesi di qualche ora, ogni tifoso delle squadre di Torino, Milano, Genova e Roma può togliersi la soddisfazione di odiare alcuni fra coloro che, in quanto suscettibili di amore, soli sono degni di essere detestati: i promiscui. Fra tutti i derby, quello della lanterna esprime al massimo grado tale prerogativa di verità. Genova, la meno estesa, potente e affollata delle grandi, si fa per dire, città italiane, Genova, la meno aperta, moderna e progressiva fra di esse, ha se non altro il pregio della lealtà: rari vi sono i tifosi di squadre allogene. La domenica del derby è vissuta a Genova come il giorno del giudizio: la popolazione intera aspetta di essere divisa fra i beati e i dannati. Ci si può allora abbandonare al fantasma di essere separati per l’eternità dall’intimo o dal consanguineo che tifa per gli altri, tenendo magari a mente l’umanissimo e sconsolato sfogo di Nietzsche: “Confesso che la mia più profonda obiezione contro l’eterno ritorno è sempre stata mia sorella”.