Ciotti-Vendola, Dialogo sulla legalità

01-01-2006

I sogni di don Ciotti e Nichi,
di Serena Mauro 


Era una sera d’estate come tante, nel Salento, a Melpignano.  Era una sera d’estate come tante quando don Luigi Ciotti “prete antimafia per antonomasia” e Nichi Vendola “politico scomodo e di frontiera”, da pochi mesi scelto dalla Puglia come presidente, si incontravano. Per affrontare un dialogo importante, per confrontare le loro esperienze di lotta alla criminalità organizzata, per parlare di mafia e di legalità, convinti che “unendo le forze, le energie, mettendoci passione e impegno e avendo a disposizione strumenti legislativi adeguati è possibile voltare pagina”. Le loro parole si sono trasformate in inchiostro, in pietre pesanti come macigni, in un volume che custodisce i discorsi di quella notte, Dialogo sulla legalità, edito da Manni. Custodisce ricordi, perché ricorda don Luigi “Un anno fa, Libera e Arci hanno lanciato una campagna nazionale dal titolo “Spazi per la musica”. L’idea, nata da me e Tom Benetollo, è quella che se esistono in Italia dei beni adeguati da confiscare alla criminalità e alla mafia, possono diventare spazi di cultura, di animazione, di musica per i giovani. Due giorni dopo la presentazione dell’iniziativa, Tom è morto. Era un gigante per la sua grande capacità politica, per la sua generosità, per il suo impegno, per la sua coerenza”. Perché Nichi Vendola ricorda Graziella, e “morire a 15 anni per la sola colpa di lavorare in una lavanderia frequentata da un latitante di Cosa Nostra” è inaccettabile. Questo volume custodisce idee, passioni, speranze: “I giovani sono una grande risposta alla illegalità”, spiega don Luigi, “ma noi adulti abbiamo una grande quota di responsabilità. Non possiamo sempre e solo chiedere allo Stato e alle istituzioni di fare la loro parte. Certo, ci vogliono delle regole, occorrono leggi adeguate e occorre farle rispettare. Ma ci deve essere un fuoco dentro di noi, una fiamma che ci permetta di debellare l’indifferenza e la rassegnazione, due malattie mortali che si sono diffuse negli ultimi tempi nel loro paese”.
Custodisce la voglia di protestare contro un sistema inefficace, perché “una legge che respinge, che è frutto dell’incapacità di una classe politica capace di trovare strumenti adeguati, o che non ha voluto trovarli perché se avesse voluto, con percorsi di legalità e giustizia, avrebbe certamente individuato modalità diverse per andare incontro alla gente. Non gabbie e prigioni”, continua don Luigi. “Mi piacerebbe ci fosse una legge che obbligasse i politici a trascorrere un intero periodo nei Cpt, non la semplice visita organizzata, da cui escono dicendo che è tutto a posto, che è tutto perfetto. Dovrebbero toccare veramente con mano l’immoralità nei Centri di permanenza temporanea”. E allora la denuncia diventa mezzo di salvezza. E nasce la necessità di non rinunciare all’indignazione e alla rabbia. “Non vivere da arrabbiati ma arrabbiarsi. Vi auguro il diritto alla rabbia perché vuol dire reagire, prendere coscienza che tocca anche a noi assumerci la nostra quota di responsabilità, dare una mano a governare, partecipare. La rabbia è anche un atto d’amore, ci si arrabbia, infatti, per le cose che si amano.noi amiamo la giustizia, la legalità, la solidarietà”. Perché d’altronde, continua sulla stessa linea Nichi Vendola “tutti i sistemi totalitari sono stati costruiti con questo meccanismo dell’assuefazione”. E allora “si deve fare un passo in avanti. Lo so, è utopistico. Ma dobbiamo cominciare oggi ad organizzare persieri lunghi, a guardare un orizzonte nel quale la produzione di storia non è la continuazione della guerra”. Questo libro custodisce un sogno.