La vita è fogna, di Rossano Astremo
Quello che più amo della narrativa di Cosimo Argentina è il fatto di sentire nelle sue pagine il sacro fuoco della scrittura. In tempi in cui molti autori tirano fuori libri con la stessa velocità con cui si tirano molari dalla bocca di vecchi fumatori incalliti e alcolisti, Argentina dimostra di costruire mondi possibili a lui assolutamente necessari. Dai tempi di “Cuore di cuoio”, passando per il suo capolavoro “Maschio adulto solitario”, fino giungere poi ai suoi ultimi “Vicolo dell’acciaio” (il romanzo definitivo su ciò che è stato il siderurgico a Taranto) e “Per sempre carnivori”, Argentina racconta vite di uomini alla deriva, sullo sfondo di una Taranto subumana. Si lavora come bestie, dalla mattina alla sera – quando il lavoro c’è -, si mangia e si ingollano Raffo a morire, si ascolta musica che fa esplodere i timpani, si scopa da bruti senza amore, che l’amore, quello vero, è per poche elette, difficili da possedere, e, mentre le giornate scorrono uguali, attorno tutto muore – persone, oggetti, relazioni, città. Questi mondi non accomodanti, per nulla portatori della seppur minima speranza, vengono raccontati con il suo stile inconfondibile: lessico ben mescidato, con dialettismi, arcaismi, neologismi a darsi manforte per creare quella narrazione in prima persona, in cui i protagonisti afferrano il microfono per cantare a rotta di collo il singolo delle loro esistenze da schifo. Non è esente da questo meccanismo Emiliano Maresca, il protagonista di “L’umano sistema fognario”, romanzo da poco edito da Manni, un menomato di 28 anni, che pur di sopravvivere con la pensione della madre, decide, una volta che questa è morta, di infilarla in un congelatore. Emiliano è brutto da morire, un lavoro bastardo, un padre assente, il cui nome verrà scoperto solo poche ore prima della morte della madre, una ragazza che ama, ma che non lo considera, e una rabbia repressa che deve trovare sfogo, in qualche modo. Ecco, credo che Argentina sia uno di quegli autori verso cui i lettori non possono che nutrire odio o amore. Non è un autore da mezze misure. Io lo amo, nonostante il fatto ritenga che questo libro non sia un meccanismo perfetto come altre sue prove, ma lo amo perché me lo vedo nella sua stanza, quest’uomo di 50 anni, a battere i tasti sul suo computer, a creare questi suo personaggi battuti e beati e credo che è questo che lo tenga a galla, questa sua necessità di dirci che la vita è una stronza bastarda eppure bisogna trovare un modo per non impazzire e dare un senso a tutto, e lui il suo senso lo ha trovato. E io sono dalla sua parte.