Cosimo Argentina, Maschio adulto solitario

09-09-2008

Taranto, città corrotta e solitaria, di Angelo Guglielmi

Conoscevo la Puglia anche abbastanza bene per averci trascorso lunghi periodi du vacanza, sto parlando della Puglia adriatica, mentre ignoravo Taranto e la Puglia Tirrenica. Così circa quarant’anni fa, durante un mio viaggio estivo, decisi di fare una capatina a Taranto. Arrivai a mezzogiorno, alle due ne ero già lontano. Io non sono un paranoico (o non credo di esserlo). Avendo appena posteggiato in un punto centrale della città, o comunque di vita intensa, forse dalle parti del porto o non so, e rimango frastornato da rumori spaccaorecchie, da una folla disordinatamente ammassata, da cattivi odori senza nemmeno rivolgermi alla ragione, questo sospetto che tuttavia non mi abbandona nemmeno quando, intimamente inquieto, cambio strada, svoltando per una via laterale. Ma continuo a percepire un senso di minaccia, irrobistito da un’aria di sporco, di decadente, di marcio che trasuda dagli intonaci e dagli asfalti. A questo punto per sfuggire alla sensazione di essere un paranoico vittima di persecuzioni inesistenti e non per sfuggire alla città in cui ero stato portato dalla curiosità torno indietro riprendo la macchina (una robusta wolksvagen) e riparto. Non era passata più di un’ora da quando ero arrivato a Taranto.
E oggi che leggo Maschio adulto solitario di Cosimo Argentina ho la conferma che quella sensazione di città minacciosa, disgregata e purulenta, non era arbitraria, frutto di un mio disturbo mentale, ma è la stessa che abita nella mia testa anzi nella vita del protagonista del romanzo, un giovane tarantino, intelligente e disgraziato…”nella notte umida di taranto con le luci alonate di goccioline invisibili e i manciapiedi vuoti, fatti di mattoni con in mezzo delle cicatrici di catrame…mi aspettavo che ad ogni angolo venissero fuori dei tagliagole. La città puzzava di morte fresca”; o ancora: “Davanti a me Taranto pareva una manciata di diamanti lanciati su del velluto nero. Questo da lontano. Da vicino le sue strade si andavano trasformando in fogne a cielo aperto e il sistema fognario era rappresentato non tanto da liquami che pure c’erano e scaricavano in mare quanto dalla carne umana tarata che circolava libera di spadroneggiare in lungo e in largo”.
Ma questa città “in mano agli assassini” è la città del nostro protagonista, della quale, nonostante la sua resistenza, è condannato a condividere la natura e il destino. La sua resistenza è la sua intelligenza assistita da qualche buona lettura; la sua condanna è la consapevolezza che non ha altra sorte (e insieme a lui forse l’intera umanità) che vivere un destino di disgregazione. Così Taranto dove definitivamente ritorna, dopo aver vissuto anche in altre città d’Italia che continua a sentire estranee, è il solo luogo, come lui stesso afferma, “in cui può giocare la sua partita”.
Ed è una partita di gran classe almeno in quelle parti in cui il descrittivo prevale sul romanzesco.
Dànilo Colombia (è il nome del protagonista) è un giovane forte e robusto, ammirato e desiderato dalle donne soprattutto per la sua durezza e prestanza fisica che tuttavia utilizza, anziché per ingraziarsi il mondo, per tenerlo lontano e negargli la sua complicità. E nel mondo intanto c’è la sua famiglia, la madre che alla morte del padre diventa una troia senza vergogna, unendosi a un sozzo profittatore di pensioni; la sorella con l’animo di una nazista sulla strada di far la fine della madre; c’è il capitano della caserma in cui sta facendo il servizio militare, che ruba quantità di prosciutti dal magazzino viveri non si sa se per ottenere fuori un qualche sordido servizio erotico o per trasformarli in sporco denaro; c’è il colonnello professore direttore del reparto infettivi dell’ospedale militare di Taranto con una moglie oltre cinquantenne imbustata in una mise da superbona per il desiderio dei ricoverati finto malati; c’è l’avvocato titolare dello studio (dove lui Dànilo che intanto si è laureato fa tirocinio di praticante) laido, grasso e spetazzante, che arricchisce nel sottobosco delle cause facili, comprando le sentenze e stremando i clienti soprattutto se poveri; c’è l’altra praticante sua compagna di stanza di nome Armida, con laurea 110 e lode, un fidanzato che già cornifica e l’ambizione di imparare presto a imbrogliare; e c’è anche lui che trascinato dal bisogno (e altre imposizioni cui non sa opporsi) si riduce per un periodo della sua vita in combutta con pericolosi malavitosi a estorcere denaro dalle assicurazioni per sinistri mai avvenuti.
Lui ha per solo amico un povero cieco addetto al servizio centralino della caserma che gli presta i soldi quando non ne ha e lo guida nelle scelte di vita; e un solo amore; una vergine sedicenne, innocente e viziosa, che si suiciderà a solo diciotto anni. Rimarrà il suo amore per tutta la vita e con le per sempre, riportandola in vita col ricordo, continuerà a scambiare affetto e a fare l’amore.
Abbiamo detto che Dànilo Colombia si serve della sua forza per tenere lontano il mondo nella cui corruzione in cui finisce anche lui per scivolargli dentro. E non poteva non accadere. La sua resistenza è assolutamente passiva giacché non si arma né di giudizio morale né di qualunque altra possibilità di intervento. La sua ragazza, fiore appena sgualcito, muore suicida a diciotto anni. Lui si guarda bene dal chiedersi il perché: si limita a continuare a frequentarlo (è l’unico cosa viva che gli è rimasta). Tutto il resto non esiste giacché è nato alla morte. Come Taranto la sua città.
Cosimo Argentina è davvero bravo a mettere a ferro e fuoco la realtà; la smonta e sgretola con decisione e fervore pur se qui e lì (diciamo spesso) cede a forzature melodrammatiche di cui non aveva bisogno. Il linguaggio messo in campo è una forte mascella triturante costruita di soli molari; è un linguaggio tagliente che si alimenta di apporti dialettali che, nella loro asprezza stridente e aggrovigliata (così è il dialetto tarantino), moltiplica la quantità di violenza disponibile. Che non ha bisogno di esplodere per intimorire e ottenere quel che vuole. Colpisce senza muoversi.