Le galline sovietiche, di Anita Natascia Bernacchia
E siamo in periferia. Nella periferia di una società ancora in dialogo con se stessa, ancora attaccata a radici passate, ma con un futuro non ancora ben definito: una bolla che scoppia e si rigonfia in eterno. E c'è di più: è la periferia di una città di periferia in un Paese alla periferia d'Europa. Romania, una città moldava, o giù di lì.
Il romanzo si vuole anch'esso periferico, perché lontano e in disarmonia con il presente del romanzo tradizionale. Falso romanzo di voci e misteri. Un tessuto narrativo di nuova ispirazione, di trama frammentata, sfilettata, “stazzonata”, dieci racconti tenuti insieme da una verve comica, colorita, ironica e amara a un tempo.
Milica, massaia e chiacchierona tipo di via della Acacie, entra con una scusa nella casa del Colonnello, colui che nella via fa “il mestiere più prestigioso”, e ne esce fintamente, o forse davvero, strabiliata, enumerandone le meraviglie e le novità lussuose che ci ha visto e intravisto. Non si sa, infatti, fin dove l'eloquio paesano corrisponda alla realtà e non sconfini nella pura fantasia e nella voglia di catalizzare l'attenzione dei vicini su di sé. Ben presto Milica diviene la “star” della via, per poi tornare nell'anonimato allorché un evento ben più interessante si profila all'orizzonte per i suoi vicini, una nuova chiacchiera da spremere, allungare, esaurire per occupare il tempo e su cui dibattere, spettegolare e quant'altro: pare che Veronica sia rimasta incinta di un tizio conosciuto in vacanza, e i genitori sono, ahimè, contrari.
La strada infatti ha “un moto d'interesse” ogni qual volta avviene qualcosa di nuovo, di particolare, di differente dalla grigia e anemica realtà post-rivoluzionaria.
C'è poi Costel Spătaru, ubriacone – come del resto quasi tutti gli uomini di via delle Acacie – e scontroso, lontano dalla realtà, ma che fa quasi tenerezza per la sua ingenuità: non appena scopre che un suo collega prende la pensione a un bancomat grazie a una card, a un “pezzo di plastica”, monta su tutte le furie, inveendo contro la postina che lo fa aspettare secoli ogni volta che gli porta la pensione, lasciandolo per ultimo, mentre tutti i suoi compari sono già al “Trattore stazzonato” a bersi l'intera somma. E' infatti il “Trattore stazzonato” il luogo in cui le chiacchiere, le storie di via delle Acacie giungono al loro massimo livello espressivo, articolandosi in dialoghi saporiti, coloriti, dal linguaggio e dalla scanzonatezza con pochi eguali nella letteratura romena contemporanea. Le conversazioni tra compagni di bevute durano sempre un intero capitolo, e costituiscono dei veri e propri testi autonomi, estrapolabili dal testo e apprezzabili in quanto tali.
Altre storie, altri personaggi, ognuno peculiare, ognuno necessario e simbolo sociale di un mondo in post-rovina e in eterna pre-costruzione, come Hleanda, la matta della via, la predicatrice pazzoide, prodotto e voce di un'agonia serpeggiante, di un martellamento ideologico che distrugge corpo e anima, la quale, alla guida delle sue torme di cani, lancia anatemi contro una società in completo disfacimento.
Sullo sfondo di queste narrazioni-frammento, leitmotiv ed elemento comune di tutte le storie è Relu Covalciuc, uomo semplice e di buon cuore, affezionato ai valori veri, alla terra, agli animali, alle sue galline. Prova tanto affetto per loro da essere profondamente preoccupato quando le trova tristi, abbacchiate, inappetenti. L'affetto giunge a fargli desiderare di immedesimarsi nelle sue creature, nell'essere gallina, gallina che se ne sta tranquilla perché qualcuno pensa per lei, intenta a becchettare il suo cruschello che qualcun altro ha pensato di darle, e che si stringe accanto alle altre, per farsi caldo e resistere. Oggi, dice Relu, “neanche loro, i lavoratori, si stringevano più gli uni agli altri, con calore, come le sue pollastrelle, ma scappavano chi da una parte chi dall'altra, a mettersi in proprio, per quello forse un bel giorno aveva pregato di arrivare nel paradiso delle galline".
Ed ecco che Relu sogna le galline. Sogna galline giganti, galline sovietiche “più grandi di quelle americane”, galline che gli invadono la testa, che lo redarguiscono, galline che divengono per lui a un tempo ossessione e ancora cui attaccarsi, un desiderio simbolico inesprimibile se non con la nostalgia per qualcosa, che è nostalgia, in fondo, per un passato che non c'è più e per un futuro ancora incerto, ancora bolla di sapone.
Sono dei nostalgici gli abitanti di via delle Acacie, sono uomini e donne che si muovono in un microcosmo che ruota intorno al “Trattore stazzonato”, perno e sollievo delle loro vite, luogo dove la memoria si negozia tra un bicchiere e l'altro, tra una chiacchiera e l'altra, isola felice di una Romania “stazzonata” e surreale perché in mutamento repentino, improvviso. Sembra non accadere nulla in questa via di periferia, ma in realtà accade “tutto”: persino un'invasione di lombrichi nel giardino di Relu, lombrichi che spaventano le galline e le fanno battere in ritirata, nel loro pollaio, o in un cantuccio, tutte strette. Così l'invasione del nuovo mondo ha spaventato e fatto battere in ritirata la via delle Acacie che è la Romania. Ma niente paura: si trattava di un problema alla rete elettrica, che aveva fatto saltare in lombrichi in superficie. Tutto un incidente di una storia beffarda. Ma benefica. Presto tutto tornerà nella normalità. E “per quanto lunga sia via delle Acacie, in mezza giornata il fatto farà il giro di tutti i cortili”.
Dan Lungu (Botoşani, Romania, 1969), romanziere e drammaturgo romeno, è uno dei più apprezzati scrittori romeni contemporanei. I suoi libri sono stati tradotti in dieci lingue.
Docente di Sociologia a Iaşi, ha studiato alla Sorbona ed è caporedattore della rivista Au Sud de l'Est (Parigi). Nel 1996 ha fondato a Iaşi il gruppo letterario Club 8. Nel 2005 ha fatto parte del gruppo di scrittori romeni invitati alla rassegna "Les Belles Etrangères" in Francia, accanto ad autori come Mircea Cărtărescu, Gabriela Adameşteanu e Ana Blandiana. Il suo romanzo d'esordio, "Il paradiso delle galline. Falso romanzo di voci e misteri", è stato per diversi mesi in vetta alla classifica di vendite dell'editore francese Actes Sud. Il suo secondo romanzo, pubblicato in Italia con il titolo Sono una vecchia comunista!, è stato candidato ai Premi Jean Monnet ed è il libro romeno più tradotto del 2009. Dan Lungu è anche autore di due volumi di racconti, di commedie teatrali e ha curato diverse raccolte saggistiche, tra cui "Compagne di viaggio. L'esperienza femminile nel comunismo", in uscita in Italia nel 2011, e "Strada della Rivoluzione n. 89".
Premi: Premio dell'Unione degli Scrittori Romeni, filiale della regione Dobrogea, per l'esordio nella prosa (1999); Premio Goethe Zentrum per la promozione dell'originalità come rappresentante del Club 8 (2001); Premio dell'Unione degli Scrittori Romeni per la prosa, filiale di Iaşi, per "Il paradiso delle galline" (2005); Personalità culturale dell'anno (2009).