A Noci l'opera omnia di Angiuli, di Salvatore Lattarulo
Un poeta dal volto umano. È l’identikit che viene fuori dall’autoritratto semiserio che apre il volume Dal Basso verso l’alto. Studi sull’opera di Lino Angiuli. Si tratta di una summa critica dell’ultimo poeta DOP di Puglia. ‘Strafiglio’ della Terra di Bari, non solo perché nativo di Valenzano e radicato a Monopoli, ma perché figlio di un contadino semianalfabeta, un “uomomulo” per nulla padre padrone. Proprio l’autoironia è il marchio di fabbrica della musa angiuliana, tema messo a fuoco nel saggio di Daniele Maria Pegorari, il curatore del libro. Non a caso il Nostro si laureò su un poeta-giullare come Guido Gozzano, che si definiva un coso a due gambe. Per mezzo del gioco, la lingua si fa nei versi di Angiuli come creta tra le dita di uno scultore. Dalla sua penna esce un centrifugato di parole che manda gambe all’aria la lingua dei padri, al punto da coniare versi del tipo si fa la rabbia ancora addosso. Proprio ‘rabbia’ è parola cara all’autore sin da quando la usava ai tempi della scuola, provocando la ‘rabbia’ della sua insegnante, ignara che quel lemma appartenesse ad dna antropologico di chi era abituato a vivere in campagna in mezzo ai cani. Alle radici rinviano le pagine di un italianista di rango come Ettore Catalano che zooma su un cavallo di battaglia di Angiuli, il postrurale. Un tema accattivante in un presente che è post-tutto.