dice/versa

29-12-2005

Par condicio in... letteratura


La chitarra della mia vita
di Mario De Cristoforo


Il compleanno di Giuseppe cade agli inizi d’agosto e da diversi anni ama festeggiarlo con la solita comitiva nella sua villetta al mare. Partecipo con entusiasmo per ritrovare tanti amici di una vita, godere la loro compagnia senza parlare di politica e gustare le deliziose (o quasi) cene preparate dalla cooperativa di donne presenti.
Si gioca fino al sorgere dell’alba, quando per il patto d’onore siglato con mogli, fidanzate e compagne bisogna tornare alle rispettive case. Sia fatta, a malincuore, la loro volontà.
Tre anni fa sul terrazzo portano l’aperitivo accompagnato da una coppetta colma di lupini. Vedendoli, comincio a ridere e solo dopo qualche minuto cedo alla curiosità dei presenti ai quali racconto il motivo dell’improvvisa risata…
Stamattina Giuseppe mi ha incaricato di acquistare dei peperoni. Schizzato dal letto sono per strada dove incontro un conoscente, persona tanto per bene quanto chiacchierona e pedante che, anche col caldo torrido, è vestito sempre in completo scuro, camicia abbottonata sino al collo, cravatta e occhiali da sole: sembra uno iettatore. È una fortuna vederlo solo un paio di volte ogni estate, quando torna a Lecce da Bruxelles, ove lavora come euro burocrate d’alto livello.
Saputo che vado nella vicina boutique d’alta moda, i cui titolari sono impropriamente chiamati fruttivendoli, Gigi (è il nome del conoscente) decide di accompagnarmi.
Arrivo a destinazione e, giunto il mio turno, chiedo due chili di peperoni a Totò, il proprietario della boutique, che mi consiglia di prenderne di più perché sono paesani e proprio buoni. Fai tu, gli dico, mentre Gigi domanda cosa significa che sono paesani.
Totò spiega con calma, quasi ad ostentare la sua cultura, che si chiamano così quando vengono da paesi come Pisignano, Vignacastrisi o Patù oppure da Erchie e Torchiarolo e anche da Fracagnano. Gigi insiste: e se vengono dalla Campania? È logico ca enenu te la campagna, ribatte d’istinto Totò, cce dici ca li caccia lu mare?
Signore, non solo fraintende, continua l’euroburocrate, ma ignora anche che i peperoni non si riconoscono dal paese di provenienza, bensì dall’appartenenza ad una delle quattro specie stabilite a Bruxelles al termine di lunghe riunioni dagli esperti del settore.
Totò comincia ad innervosirsi e per giunta è impegnato con tre anziane ed affezionate clienti le quali ascoltano l’imperterrito euroburocrate proprio quando con voce suadente elenca le suddette specie: peperoni dolci e lunghi, dolci e quadrati, dolci quadrati appuntiti e dolci e piatti e la larghezza del peperone in questa stanza è il diametro massimo della sezione equatoriale. Le tre donne confabulano tra loro e poi, indicando Gigi intimano a Totò: proibisci l’ingresso a chi come lui legge articoli pornografici o mai più vedi noi. Alzano i tacchi e se ne vanno, mentre Totò impietrito stringe i pugni per i nervi, serra i denti ed avverte Gigi: sienti dottore, nu saggiu che cazzarola anu capitu le secchie, però basta culli scherzi. Ieu fatiu e qua intru la sezione elettorale nu se face, senò spiccia ca votami puru l’onorevole te li pipi gialli! Trattengo a stento una risata perché Gigi, indispettito per non essere preso sul serio, incalza: non scherzo mai quando lavoro, anzi, dichiaro che neppure questi pomodori sono in regola con le norme di Bruxelles.
Li muerti te Biussellese e te ci l’anventata, sbotta Totò inviperito!
Lo spietato euro burocrate, intanto, estrae da una tasca interna della giacca uno strano aggeggio e ne schiaccia alcuni pulsanti. Qualche secondo dopo legge: il 14 aprile 2000, Bruxelles ha deciso che i pomodori sono tali quando presentano “un ombelico, una cicatrice stellata e legnose cicatrici di forma ombelicale in corrispondenza del punto stellare, di superficie non superiore ai due centimetri quadrati”.
Tremando per i nervi, Totò mi supplica con lo sguardo di far cessare quello che crede uno scherzo. Faccio l’impossibile per calmarlo mentre Gigi si ferma attorno ad una cassetta di fagiolini sentenziando che essi sono invendibili perché ogni fagiolino, in base alle corrette direttive di Bruxelles, deve essere turgido e diritto, senza fili né semi, nonché largo esattamente dodici millimetri. Totò, uscito di senno, lancia una grossa noce di cocco, mirando la testa dell’euroburocrate che, per sua fortuna proprio in quell’istante si è chinato ad osservare delle piccole buste. Rialzato il capo chiede se i lupini messi lì dentro siano dolci o salati secondo le regole approvate a Bruxelles.
A questo punto afferro Gigi trascinandolo di peso fuori l locale. Non evito, tuttavia, il quintale di frutta, verdura ed ortaggi che rovina il vestito scuro dell’incredulo Gigi, che ad ogni buon conto se la batte a gambe levate, inseguito dalle maledizioni di Totò a ddhu cantaru ca bbenutu te Briussellesse a Lecce cu n’zurta li cristiani ca fatianu!
L’arcano è svelato ed ora ridono pure gli amici.
Tanti auguri Giuseppe, e mille di queste sere. Il prossimo anno pensa tu ai peperoni e se non ci sono, fazza Diu.